«Non ci sarà nessuna divaricazione tra noi e la Lega. È vero, qualche volta Umberto esagera, ma tra me e lui c’è un accordo politico e un rapporto d’amicizia...». Silvio Berlusconi parte da qui per attenuare la crescente insofferenza dei suoi verso l’alleato del Nord e negare con decisione l’ipotesi di un patto anti Lega con il Terzo Polo. E le pensioni? Vanno o no riformate? Il Cavaliere fissa il suo interlocutore e alza gli occhi al cielo: «Sì, vanno riformate. Ma è pura follia pensare di poterlo fare senza il contributo del Carroccio... E allora o Bossi capisce o noi potremo solo gridare la nostra insoddisfazione e denunciare la chiusura irresponsabile dei nostri alleati. Ma qui ci si ferma». Sono parole chiare. E chiaro è il messaggio politico che si agita dietro le nuove parole del Cavaliere: «Con la Lega salviamo il Paese e chiudiamo la legislatura». Ora la manovra è a Palazzo Madama, ma non è quella che ha in testa Berlusconi. Lui ha un altro progetto e lo spiega in mille telefonate private. «Il contributo di solidarietà non mi ha mai convinto. Se fosse per me lo cancellerei senza pensarci nemmeno un secondo. Non vogliamo cancellarlo? Beh, lo modificheremo radicalmente, magari dando retta a chi mi dice di spostare l’asticella sopra quota 150mila».E la strada per farlo è una sola: aumentare l’Iva. Per qualche istante il premier tace e chi è dall’altra parte del capo capisce che sono due i punti fermi: chiudere la partita in tempi rapidi e correggere la manovra lasciando i saldi invariati. Berlusconi ancora una volta è chiaro: «I tecnici di Palazzo Chigi mi hanno dato delle indicazioni confortanti: con l’aumento di un punto di Iva possiamo cancellare la tassa di solidarietà e i saldi sarebbero addirittura migliori». Si studiano tutte le soluzioni. Si valuta anche l’ipotesi di un aumento di un quarto di punto. Ma Berlusconi non si ferma qui e va avanti con la contromanovra: «Un’idea senza logica quella di accorpare i piccoli Comuni. Per risparmiare quattro euro siamo riusciti a mandare su tutte le furie milioni di persone. Ma ora decido io, ora si cambia». L’idea ancora non è chiara, ma a rivelare qualcosa è Osvaldo Napoli, deputato Pdl e presidente pro-tempore dell’Anci. «Se non è Pietro è Giacomo», confessa a denti stretti in dialetto piemontese. A quanto pare i piccoli borghi non saranno tagliati, almeno non ufficialmente. Ma, lavorando di cesello sul testo degli Enti locali, verranno costretti ad accorpare funzioni e a fare insieme «diverse cose», anzi, «tante cose». Una mediazione di cui si è fatto garante Calderoli, e che Berlusconi potrebbe benedire. Il vero colpo di scena potrebbe però arrivare da un’iniziativa che correrebbe parallela alla manovra. «Basta tentennamenti sul dimezzamento dei parlamentari. Il Pd dice di essere pronto, bene, sono pronto anche io. Possiamo farcela in tre mesi e io voglio provarci». I progetti di legge sul tema abbondano, c’è anche il ddl costituzionale di Calderoli utile allo scopo, e dai democratici (in realtà da tutte le opposizioni) sono piovuti diversi «si» ufficiali. Con il premier assorbito per gran parte del tempo dalla crisi libica, la trattativa sulla manovra diviene il primo banco di prova per Angelino Alfano. I colleghi benevoli lo chiamano «mediatore familiare» per lo sforzo che sta compiendo nel ricomporre le varie anime del Pdl. L’altro ieri sera si è fermato a cena con il capo dei frondisti Guido Crosetto, che si candida a diplomatico: «Sono pronto a trattare io con la Lega». Si accavallano i vertici e stasera l’ex Guardasigilli (dopo l’ennesima telefonata con il premier) incontrerà i direttivi dei due gruppi parlamentari. Un momento cruciale, perché da lì uscirà il pacchetto di emendamenti da andare a contrattare con la Lega. Il faccia a faccia con il Carroccio sarà l’apice di questi giorni infuocati, e sembra scontato che ai due vertici del tavolo siederanno Berlusconi e Bossi. Ai margini, in questa fase, Giulio Tremonti. Chi gli è vicino lo definisce «infastidito» dall’attivismo di Alfano e dal «rifiuto collettivo » che la maggioranza ha mostrato verso il decreto varato dall’esecutivo.