Tutti via. La mediazione della Chiesa e dei volontari della Caritas e delle parrocchie, condotta d’intesa con le forze dell’ordine, è stata fondamentale per sbloccare la situazione a Rosarno. Tra l’altra notte e ieri la maggior parte degli immigrati ha infatti lasciato sotto scorta il centro agricolo calabrese alla volta dei centri di accoglienza di Crotone e Bari. Sembra passata l’ondata di violenza innescata dalla ’ndrangheta, che avrebbe deciso di sfrattare con la forza dalla Piana di Gioia Tauro gli immigrati africani dopo averli sfruttati negli agrumeti per anni. In questa strategia, che probabilmente si chiarirà solo nelle prossime settimane, rientrano le minacce portate da alcuni rosarnesi ai volontari, 'colpevoli' di aver curato con carità cristiana in questi anni i braccianti ammassati in condizioni inumane alla Rognetta e nell’ex Opera Sila. Resta comunque alta la tensione e la comunità ecclesiale ieri ha lanciato un appello perché cessino le aggressioni. Bartolo Mercuri, dell’associazione «il Cenacolo», ha aiutato per anni centinaia persone seguite solo dalla comunità ecclesiale. Ieri era nei due rifugi abusivi a organizzare le partenze con le autorità di Pubblica sicurezza. «Questi poveracci – spiega Mercuri – non hanno nemmeno gli occhi per piangere, venivano sfruttati e vivevano come bestie. Per una cassa di agrumi da 18 chili prendevano un euro in nero. La maggior parte di loro comunque era in regola e ha accettato di andarsene perché temeva per la propria vita». Da due mesi una rete di parrocchie aiutava ogni giorno all’alba i disperati che uscivano per venire reclutati dai caporali in campagna. «Altro che razzismo – sbotta il parroco don Peppe Tripodi – ogni mattina i volontari delle parrocchie circostanti e cittadini portavano qui la colazione e spesso organizzavamo pranzi » . L’ultima volta è stato all’Epifania, quando 100 volontari e una parte degli ospiti hanno pulito l’area e poi hanno mangiato insieme. «Le priorità – conferma il vicario episcopale don Pino Demasi – erano far cessare gli scontri e salvare le vite umane. Per farlo occorreva una mediazione con gli immigrati. Noi l’abbiamo condotta l’altra notte, si fidano perché da anni li aiutiamo. La Prefettura ha garantito che non vi sarebbero stati arresti, dato che si tratta soprattutto di persone in regola. Ora lanciamo un appello ai cittadini perché cessi ogni forma di violenza». Non si tratta del primo scontro a Rosarno, dove dal 1992 gli africani sono state più volte vittime di aggressioni, estorsioni e rapine. Nel dicembre 2008, dopo il ferimento di due ivoriani, i braccianti si rivoltarono marciando sul comune e bruciando alcuni cassonetti. Stavolta è andata diversamente. «A mio avviso dietro gli scontri ci sono le cosche – prosegue don Pino – che controllano il racket del lavoro nero. Probabilmente il ferimento con fucilate a pallini dei due immigrati che ha scatenato gli scontri è stato un regolamento di conti. Nei centri, però, qualcuno ha fatto girare la voce che erano stati uccisi quattro loro 'fratelli'. Da qui la reazione violenta dei braccianti, già esasperati da una situazione di totale ingiustizia. La ’ndrangheta non poteva tollerare la ribellione e ha deciso che gli africani dovevano lasciare per sempre Rosarno. Non so come li vuole sostituire, lo vedremo. Intanto ha centrato l’obiettivo cavalcando la protesta. In questa scelta rientrano le minacce subite dai volontari della Caritas e delle associazioni che li hanno sempre aiutati. Respingo invece la giustificazione razzista, nella Piana di Gioia Tauro c’è molta solidarietà. In questi giorni tante persone hanno nascosto stranieri in casa. Purtroppo lo Stato l’abbiamo visto solo in queste ore ». L’ipotesi che le cosche abbiano aizzato e cavalcato la guerriglia urbana è presa in seria considerazione dagli inquirenti. Ieri intanto sono giunti 440 immigrati al Centro di prima accoglienza di Crotone, tutti in regola o comunque senza decreto di espulsione. Liberi di muoversi, almeno 300 sono ripartiti in treno per Lamezia Terme e poi per Napoli. Gli altri sono arrivati stanotte al Centro di accoglienza di Bari, dove la diocesi oggi pomeriggio incontra gli esponenti prefettizi per predisporre gli interventi umanitari.