«Il prefetto convocherà Regione, Provincia e comuni per trovare rapidamente una soluzione per la tendopoli di San Ferdinando. Il problema non può essere scaricato sui sindaci. Ma lo sgombero delle baracche è un pericolo da scongiurare». Sono le prime mosse del ministero dell’Interno, annunciate dal viceministro Filippo Bubbico, dopo le ripetute denunce di
Avvenire sul dramma degli immigrati nella Piana di Gioia Tauro. Ma per il futuro indica una soluzione più duratura. «Voglio coinvolgere le organizzazioni agricole perché, come è accaduto ad esempio nel Trentino, gli imprenditori agricoli che beneficiano della presenza dei lavoratori migranti, devono farsi carico della loro ospitalità, collaborando con gli enti locali e la Regione».
Insomma per ora non si è fatto niente...La prefettura mi ha segnalato «l’indisponibilità» di enti locali e altre istituzioni ad accogliere gli immigrati «anche in piccoli gruppi». Nei prossimi giorni i sindaci saranno ricevuti dal prefetto. C’è da essere sicuri che prenderà in mano la situazione. L’ho chiamato non solo per sensibilizzarlo rispetto alla necessaria attenzione da prestare al problema, ma anche per suggerire un’iniziativa più incisiva tanto da chiamare intorno a un tavolo le istituzioni regionali e provinciali, perché il problema non può essere scaricato solo sui comuni e sull’impegno dei sindaci.
Questo nell’immediato ma per il futuro?Penso che sia doveroso e necessario pretendere l’impegno da parte delle organizzazioni del mondo agricolo perché queste persone sono lì in attesa di essere chiamate per lavori stagionali e quindi la loro presenza è strettamente necessaria e funzionale alle attività agricole. La Calabria come le altre regioni non può immaginare che il futuro di un’agricoltura capace di valorizzare la qualità e anche le caratteristiche proprie dei prodotti italiani, possa essere costruito sullo sfruttamento di manodopera e sulla riduzione in schiavitù di esseri umani.
Anche perché sempre in Italia ci sono esempi positivi.Esatto. Gli imprenditori agricoli devono capire che i loro redditi possono essere assicurati lavorando sulla qualità che non è solo quella intrinseca dei prodotti messi sul mercato, ma deve riguardare anche il processo produttivo e quindi anche la componente sociale. Si sta affermando per fortuna un orientamento critico da parte dei consumatori che in misura sempre crescente si rifiutano di comprare prodotti realizzati attraverso lo sfruttamento della manodopera. Così come nel Trentino hanno saputo valorizzare le loro produzioni mettendo insieme i piccoli produttori, costruendo network, imponendosi, lavorando sulla qualità, sui mercati nazionali e europei, altrettanto può e deve essere fatto nelle realtà del Sud.
Dopo tutti questi anni si continua a parlare di "emergenza Rosarno".È un’ipocrisia. Noi dobbiamo acquisire la consapevolezza che questo è un fenomeno permanente che accompagnerà diverse stagioni e dobbiamo guardarvi non solo con la sensibilità propria del nostro Paese in termini di solidarietà e accoglienza, ma anche come opportunità di crescita e di riscatto sociale e civile dei migranti e anche per le nostre realtà economiche. Attraverso il rispetto delle regole e della dignità della persona, è possibile anche liberarsi dalle mafie, liberare le energie presenti nei nostri territori per alimentare una qualità che garantisce crescita economica e tutela dei diritti fondamentali della persona. Sarebbe bello che proprio dalla Calabria venisse avanti un qualche esempio positivo di associazioni agricole e commerciali, sostenute coi aiuti comunitari, che si impegnino a rendere possibile una testimonianza di civiltà e di buona economia.
Torniamo a oggi. Perché è contrario allo sgombero?<+TONDOA>Credo che sia un pericolo da scongiurare perché tra una situazione non sostenibile da un punto di vista igienico sanitario e l’abbandono a se stessi di queste persone, va preferita una sistemazione per quanto precaria ma che rappresenti il riferimento dal quale partire per risolvere il problema. Il sindaco va sostenuto, mi muoverò e agirò perché possano essere praticate non soluzioni burocratiche che ci mettano in pace con la coscienza, ma soluzioni reali e concrete che tengano conto delle condizioni di vita di queste persone.