A lanciare l’allarme è Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione: «Dietro certi meccanismi di impegno sociale ci sono affarismi. So bene che nel mondo dell’assistenza agli stranieri e ai rom, per esempio, c’è il meglio dell’Italia. Ma si avverte anche il bisogno di trasparenza e dobbiamo dirlo con chiarezza». Le parole del magistrato campano – noto soprattutto per le indagini portate avanti in passato nei confronti del clan camorristico dei Casalesi – si riferiscono ai risvolti inquietanti legati all’inchiesta "Mafia Capitale", in cui è emerso il ruolo di primo piano di Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa sociale "29 Giugno". Secondo Cantone, a cui è stato chiesto di costituire un pool di esperti per analizzare possibili appalti sospetti legati allo scandalo capitolino, in un mondo cooperativo dove operano nella maggioranza dei casi persone oneste, «si nascondono anche operati spregiudicati».Questa versione è condivisa anche dai vertici dell’Alleanza delle cooperative italiane, la centrale dove sono riunite Legacoop, Confcooperative e Agci. «Sosteniamo Cantone nella sua azione e lo incoraggiamo ad andare avanti nel lavoro per il ripristino della legalità – spiega Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative e copresidente dell’Alleanza –. Gli chiediamo soltanto di non infangare anche la buona imprenditorialità». Il messaggio si può sintetizzare così: è giusto punire chi commette reati tanto gravi e vergognosi, ma bisogna stare attenti a non fare di tutta un’erba un fascio. «Ci rendiamo conto che la situazione di Roma è molto delicata – aggiunge Gardini – ma oltre alle tristi e deplorevoli vicende di questi giorni, che vanno condannate senza esitazione, ci sono esperienze positive che non possono essere cancellate in un unico giudizio». Si sottolinea, in particolare, come le prime vittime di tali comportamenti criminali siano proprio le coop sane. «L’intreccio malato emerso dalle indagini della procura di Roma danneggia decine di migliaia di imprese che svolgono un lavoro straordinario di risposta ai bisogni e alle emergenze delle comunità – sostiene Gardini –. L’assistenza agli anziani, ai minori, ai disabili, alle persone svantaggiate, non è un business, ma un’azione di welfare insostituibile».A scatenare un’accesa polemica sono state, invece, le affermazioni di Susanna Camusso. Il leader della Cgil, commentando gli eventi giudiziari romani, ha definito il settore cooperativo «un sistema profondamente malato e corrotto». La replica è stata durissima. «Quando una Spa o una Srl compiono attività illegali o criminali non si mette in discussione l’impresa lucrativa o di capitali – hanno risposto i vertici dell’Alleanza –. Ed è giusto così, perché la responsabilità è solo dell’imprenditore o dell’impresa. Se capita con le cooperative, invece, il sistema è marcio? No, noi non ci stiamo».Che cosa si può fare, allora, per evitare che si verifichino casi come quello della coop "29 giugno"? «Le organizzazioni possono vigilare sui bilanci, sui conti e sul versamento dei contributi ai lavoratori delle associate, ma non sono in grado di sapere se nel torbido dei contatti privati vengono elargite mazzette milionarie ai controllori pubblici – risponde Gardini –. Su questo aspetto occorre l’intervento della magistratura e delle forze dell’ordine. Come a suo tempo Confindustria non poteva essere a conoscenza dei comportamenti di Tanzi e di Cragnotti, nella stessa identica situazione si trovano oggi i presidenti delle centrali cooperative». Nella lotta all’illegalità in questo campo, dunque, ognuno è chiamato a svolgere compiti precisi: lo Stato da una parte e il mondo della cooperazione dall’altra. «Noi vogliamo dare il nostro contributo – conclude Gardini –. E ricordo che, già lo scorso giugno, quindi in tempi non sospetti, di fronte a segnali poco chiari abbiamo azzerato gli organi di Confcooperative Roma e Lazio».