La Corte di Strasburgo ha stabilito
che l'Italia è un Paese che non offre sufficienti garanzie ai
richiedenti asilo per l'alloggio. Il giudizio è parte della
sentenza che condanna la Svizzera se rinvia in Italia una
famiglia di richiedenti asilo, se il governo italiano non indica
prima come si prenderà cura di loro. Il caso riguarda una famiglia di
afghani, padre, madre e sei figli nati tra il 1999 e il 2012,
che al momento vivono in Svizzera. La famiglia era arrivata
sulle coste calabresi nel 2011 dall'Iran e quindi, in base al
regolamento di Dublino, il Paese competente per decidere della
loro richiesta d'asilo era l'Italia. Ma la famiglia preferì
recarsi prima in Austria e poi in Svizzera per vedersi
riconosciuto questo diritto, temendo che in Italia le condizioni
di vita sarebbero state inadatte, soprattutto per i bambini. E
la Corte europea dei diritti umani ha dato loro oggi ragione.
I giudici hanno infatti stabilito, in una sentenza
definitiva, che qualora il governo svizzero dovesse rinviare la
famiglia in Italia senza prima aver ricevuto da questa
dettagliate informazioni su dove e come la famiglia verrebbe
alloggiata, si concretizzerebbe una violazione del loro diritto
a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti.
Secondo i giudici, "non è infondato ritenere che i
richiedenti asilo rinviati adesso in Italia da altri Paesi
europei, in base al regolamento di Dublino, corrano il rischio
di restare senza un luogo dove abitare o che siano alloggiati in
strutture insalubri e dove si verificano episodi di violenza".
È la prima volta che la Corte di Strasburgo si pronuncia
contro un invio in Italia di richiedenti asilo da un altro Paese
europeo. Una decisione simile finora era stata presa solo nei
confronti della Grecia. In base alle informazioni fornite dalla
Corte di Strasburgo ci sono circa 20 ricorsi pendenti simili a
quello della famiglia afghana.