L'incontro del Cardinal Gualtiero Bassetti con i rifugiati del Centro Astalli (Foto Siciliani)
«Vedervi tutti insieme - profughi, volontari, gesuiti - e sentire i vostri racconti - che sono in realtà brandelli di carne - mi fa venire in mente il miracolo della Pentecoste. Erano insieme popoli di Cappadocia, Egitto, Mesopotamia, di Roma. Popoli di lingue e di etnie diverse. E si verificò un miracolo, che mi auguro si verifichi anche ora: lo spirito di Dio discese e cominciarono a parlare tutti la stessa lingua. Era la lingua dell'amore, e non c'è creatura che non la capisca». Il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, ha salutato così, nella chiesa del Gesù a Roma, i profughi e richiedenti asilo assistiti dal Centro Astalli gestito dal Jrs, il servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia. «Dio rende giustizia al forestiero - ha aggiunto il cardinale Bassetti - gli dà pane e vestiti». Poi ha ricordato «i sacrifici immensi fatti per raggiungere l'Europa, in gran parte dovuti alle nostre paure, che ci fanno tenere lontano l'altro e, come dice il Papa, generano scarti umani».
L'incontro è stato organizzato per celebrare la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, promossa dalla Chiesa cattolica il 14 gennaio. «Qualcuno potrebbe pensare che siamo in ritardo rispetto alla Giornata che, con grande entusiasmo, abbiamo celebrato con papa Francesco - ha detto il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti - in realtà da una parte non si è mai in ritardo se vogliamo porre l'attenzione e riflettere sul tema dei migranti e dei rifugiati, perché il fenomeno migratorio è strutturale nella nostra società e di enorme rilevanza; dall'altra siamo sempre un po' in ritardo nel leggere il libro del mondo, soprattutto il capitolo riguardante le migrazioni».
Il cardinale Bassetti ha ascoltato quattro testimonianze di altrettanti profughi, quattro storie che hanno incarnato le quattro parole chiave indicate dal Papa nel suo messaggio per la Giornata del rifugiato: accogliere, difendere, promuovere e integrare. La storia di Soumalia, 29 anni, laureato in legge, fuggito dal Mali per sfuggire agli arresti dopo che, come responsabile della comunicazione di un partito di opposizione, aveva denunciato «i crimini del governo».
Quella di Osman, scappato a 18 anni dalla Somalia insanguinata dai terroristi di Al Shabab, l'asilo in Italia, il lavoro nelle scuole per combattere pregiudizi e razzismo. E poi il racconto di Soheila, laureata in arte, 30 anni, fuggita dall'Iran in Danimarca, respinta dopo un anno in Italia per il regolamento di Dublino, i tre interventi alla testa, il coma, la determinazione a resistere e a guardare avanti. E infine l'odissea di Javad scappato a 13 anni dall'Afghanistan perché di etnìa Hazara, la traversata verso l'Iran sulle montagne tra le mine antiuomo, il lavoro da 16 ore al giorno come marmista, gli studi di sociologia, finalmente l'arrivo in Italia dove ritrova la sua fidanzata afghana, il matrimonio, il figlio Mobin, l'impegno a essere «uomo del dialogo con tutti, uomo di pace».
L’incontro si è concluso con l’invocazione della pace in 20 diverse lingue parlate dai rifugiati presenti (dall’arabo al wolof, dall’oromo al bambarà, dall’amarico al congolese e al curdo…). Il cardinal Bassetti ha invocato la pace leggendo la preghiera dei rifugiati scritta per l’occasione.
LA PREGHIERA CON IL MIGRANTE E IL RIFUGIATO