sabato 12 marzo 2011
Il premier: «Avanti tutta». La maggioranza invita l’opposizione al dialogo. Casini: ci sediamo al tavolo con sana cautela. Nel Pd posizioni diverse. E il Guardasigilli insiste: presentate le vostre idee.
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Il confronto sulla giustizia è già una partita a scacchi. La maggioranza "chiama" l’opposizione al tavolo delle trattative, consapevole che a un no secco può replicare con l’accusa di «conservatorismo» e «arroccamento» sulle posizioni dei pm. «Non è una crociata contro i magistrati, la protesta dell’Anm è corporativa», ripete il ministro Angelino Alfano per convincere chi al centro e a sinistra ha un pedigree da riformista. E ai democratici, che più degli altri si sono divisi tra chi esclude nettamente il confronto e chi "accetta la sfida", chiede di «portare le loro idee». Ma Nuovo Polo e Pd, con sfumature diverse, cercano di non farsi stanare, di mantenere un equilibrio tra la necessità-dovere di «vedere le carte» e il rischio di offrire un assist goloso a Berlusconi.Il Cavaliere però non vuole fasi di stallo: ai suoi parlamentari avrebbe ordinato l’«avanti tutta», addirittura auspicando l’approvazione in una delle Camere entro l’estate e la chiusura della partita ad inizio 2012 («Ce la faremo entro la legislatura», dice più realisticamente il Guardasigilli). In ogni caso, in via dell’Umiltà si dice chiaro e tondo che l’ok delle opposizioni è auspicabile ma non dirimente, e che anzi un eventuale referendum confermativo potrebbe essere un’arma in più nella prossima campagna elettorale. Del dialogo con le altre parti, comunque, si occuperanno Alfano e i "giuristi" del Pdl, perché il premier ha già pronto un altro dossier utile in vista delle amministrative di maggio e della "conquista di Napoli": la riforma fiscale.Il cerino acceso è dunque dall’altra parte della barricata. Gianfranco Fini (in Fli già diversi "moderati" hanno espresso un parere favorevole alla riforma, mentre il vicepresidente Italo Bocchino ha evidenziato, pur senza chiudere il discorso, alcuni «punti oscuri»), in una riflessione generale sulle riforme costituzionali afferma che è «responsabile definire le regole non a colpi di maggioranza ma cercando il dialogo e il confronto». E che tale atteggiamento non è da confondere con «cupidigia di accordo e inciuci». Dunque l’idea di fondo tra i terzopolisti è che al tavolo, pur senza particolari entusiasmi e con la «giusta diffidenza», come dice Pier Ferdinando Casini, occorre sedersi. Magari - e qui è Francesco Rutelli a farlo intendere - mettendo sul tavolo anche provvedimenti più "ordinari" e la rinuncia alle norme ad personam. Oppure, ed è ancora Casini a riprendere il filo, ponendo questioni concrete: come evitare - si chiede il leader dell’Udc - che le leggi ordinarie chiamate a dar corpo alla riforma siano cambiate da ogni maggioranza?Ma è nel Pd che gli abboccamenti del Pdl creano più dibattito. Quella di Bersani somiglia più a una chiusura: «In Aula discuteremo come sempre, ma la riforma costituzionale non è l’urgenza del Paese. È un sasso lanciato nel vuoto - a fini elettorali, fa intendere -, tra una settimana torneremo a parlare di Berlusconi». E rilancia su altri interventi "ordinari" per l’efficienza della macchina giudiziaria. Pur restando nello stesso solco, Anna Finocchiaro è già più disposta a vedere le carte, con un’avvertenza: «Stop a bugie e propaganda», specie sul paragone - a suo dire errato - tra la riforma-Alfano e la bozza-Boato nata dalla Bicamerale guidata da D’Alema nel ’97. E per un’altra voce autorevole, quella di Veltroni, «con la presenza di Berlusconi non può esserci il clima costituzionale». A conti fatti l’unico a sbattere decisamente la porta è Antonio Di Pietro («è una riforma criminogena», denuncia l’ex pm), e allora il Pdl può rilanciare l’offerta, con un occhio particolare ai centristi: «Ben vengano le disponibilità dell’opposizione, seppure diffidenti», dice Fabrizio Cicchitto.
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