Lo aveva denunciato chiaramente il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti in occasione della presentazione del rapporto Ecomafia 2014 di Legambiente. "Ormai dobbiamo parlare di delitti d'impresa più che di criminalità. Ormai c'è un numero enorme di imprenditori che operano in nero per smaltire i propri rifiuti. Qui si inseriscono poi le mafie che offrono i propri servizi perchè c'è una domanda in questo senso". Insomma non tutto è mafia o solo mafia. Anzi, aveva aggiunto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, "spesso la mafia è un alibi che ci solleva la coscienza da altre compromissioni di chi ha fatto uso di questi "service" mafiosi, che fuori dalle regole permettono di battere chi invece le regole le rispetta". Ecomafie, dunque, ma sempre più soprattutto ecofurbi, imprese che smaltiscono i rifiuti, in particolare quelli più pericolosi e costosi da smaltire, in modo illegale. E c'è chi offre i propri servizi a prezzi stracciati, truccando carte e procedure. Con danni all'ambiente e alla salute, come emerge dall'inchiesta bresciana del Corpo forestale sulle pericolosissime ceneri degli inceneritori, ma anche all'economia, al mercato, alle aziende che invece operano nella legalità. Che ci sono, al Sud come al Nord, che smaltiscono correttamente ma che subiscono la concorrenza sleale degli inquinatori. Fatto gravissimo, ancor più aggravato e favorito dalla crisi economica. Finalmente Confindustria, dopo le vicende Expo e Mose, ha usato parole forti contri gli imprenditori che corrompono per accaparrarsi i ricchi appalti pubblici. E annuncia espulsioni. Sarebbe auspicabile una scelta analoga contro gli imprenditori che inquinano ambiente e mercato. Lo chiedono da tempo i cittadini della "Terra dei fuochi" avvelenati dai rifiuti industriali del Nord. Ma come emerge dall'inchiesta della Forestale, e da molte altre di questi anni, ormai davvero è una questione nazionale.