La regola deve essere: chi sbaglia paga. Pubblici ministeri a maggior ragione. Nel fortino assediato di Palazzo Grazioli, dove il premier è riunito in seduta permante con i suoi consiglieri, per pianificare nel dettaglio e a 360 gradi la controffensiva, comincia a prendere corpo quella «punizione» invocata dal premier nel suo secondo messaggio televisivo contro i pm di Milano, accusati di aver esorbitato dalle loro competenze e di maltrattamenti nei confronti dei testimoni dell’inchiesta Ruby. Berlusconi ha ricordato che ci fu un referendum, nel 1987, nel quale gli italiani si espressero a larghissima maggioranza a favore dell’introduzione della responsabilità civile dei magistrati. Ma poi la questione rimase lettera morta. Un argomento che ai consiglieri del premier sembra piuttosto facile da spiegare alla pubblica opinione e che non prende apparentemente di petto tutta la magistratura, ma solo quei giudici che, come spiega il portavoce Daniele Capezzone, agiscono «in modo fazioso o scorretto». Ma non è questo l’argomento più urgente. C’è da assecondare la strategia processuale, che prevede una guerra procedurale senza quartiere, battendo sul tasto dell’incompetenza della procura di Milano. Per oggi, il pool guidato da Ghedini, dovrebbe depositare le proprie note difensive, chiedendo di dichiarare incompetenti i pm milanesi.Berlusconi, l’ha ribadito ieri anche Umberto Bossi, «si sente aggredito», assediato. Dai sondaggi non arriva un granché di conforto. La controffensiva delle donne pdl, sguinzagliate sulla tv pubblica o privata, sta dando buoni risultati, ma prevalentemente nella fascia dei sostenitori assidui del Cavaliere. Di fronte a questi c’è la grande incognita degli indecisi, dei perplessi, dei tentati di votare scheda bianca. Che aumentano sempre di più. E poi c’è la questione dell’elettorato cattolico, specie dopo i recenti interventi della gerarchia. Berlusconi, consigliato da Letta, sceglie di non commentare. In ballo c’è una manifestazione, un bagno di folla, contro la magistratura politicizzata. Una prova di forza, da contrapporre anche alla raccolta di firme per le dimissioni annunciata ieri dal segretario del Pd Bersani. E c’è anche chi, come il ministro Rotondi, gli fa notare: «Dopo maggio non si potrà più votare. E il terzo polo ci lascerà in balia delle onde».