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Sarebbero anche “sparite” 460 salme nelle attività illecite di un’organizzazione – composta da funzionari comunali, imprenditori di pompe funebri, medici e anche un sacerdote – che gestiva in modo irregolare il cimitero di Cittanova (Reggio Calabria) lucrando sulle nuove sepolture dopo estumulazioni illegali.
L’inchiesta “Aeternum” della procura di Palmi, diretta da Emanuele Crescenti, ha ottenuto dal gip Francesco Petrone gli arresti per 16 persone, mentre altre 58 risultano indagate: i reati contestati vanno dall’associazione a delinquere all’abuso d’ufficio, dal falso al vilipendio di cadavere. Le indagini sono partite sin dal 2018, quando un cittadino si è accorto che c’era una seconda salma nella sepoltura del proprio parente, e ha denunciato il fatto ai carabinieri.
A capo dell’organizzazione, secondo l’accusa, vi sarebbero stati l’allora custode del cimitero, ora in pensione, Salvatore Ligato, di 68 anni, e tre imprenditori di onoranze funebri, Francesco Galluccio (61), Serafino Berlingeri (56) e Antonino Albanese (60), il cui obiettivo era accaparrarsi gli affari nel mercato locale per conseguire e preservare la primazia delle due imprese da loro guidate. Per portare a compimento il progetto criminoso, secondo l’accusa, si avvalevano della compiacenza di 4 medici legali dell’Asp di Reggio Calabria, di tre vigili urbani e, in un caso, persino di sacerdote. Tutti adesso sono agli arresti domiciliari.
Per anni sarebbero state eseguite estumulazioni non autorizzate. Così come, nel 2020, una esumazione straordinaria sarebbe stata eseguita dopo un appalto del Comune, aggiudicato a un’impresa di pompe funebri, il cui responsabile risulta tra gli indagati. Gli operai della ditta, per massimizzare il numero dei loculi liberati e rendere più economici e rapidi i lavori, avrebbero eseguito le dissepolture con un escavatore, senza alcuna attenzione alla rottura dei feretri ed alla necessità di estrarre a mano i resti. Il materiale di risulta, mischiato a resti umani, sarebbe stato poi risotterrato poco distante. Pur avendo assistito alla scena, tre agenti della polizia locale e il tecnico comunale – finiti ai domiciliari – non sarebbero intervenuti per bloccare i lavori o, almeno, per imporre una diversa prassi di esecuzione.
Secondo l’accusa, i medici (tra i quali l’attuale sindaco di Oppido Mamertina) erano pronti a sottoscrivere i verbali delle operazioni per come veniva loro dettato dagli appartenenti all’associazione. A volte i verbali sarebbero stati compilati senza che il medico legale o altri funzionari previsti fossero presenti sul luogo. Ciò tuttavia non impediva ai camici bianchi di richiedere il rimborso chilometrico previsto dal servizio sanitario per le visite necroscopiche, in realtà mai effettuate.
Ai domiciliari è finito anche l’ex arciprete della parrocchia di San Girolamo, che avrebbe attestato falsamente di essere proprietario delle cappelle gentilizie, una volta appartenenti a tre confraternite religiose disciolte nel 2007. Su quelle cappelle, tornate in realtà al patrimonio del Comune, gli indagati hanno avviato lavori di ristrutturazione procedendo così alla soppressione di oltre un migliaio di salme, per poter ricavare un guadagno dalla “vendita” dei loculi, pagati anche 3mila euro dai privati cittadini. L’area del cimitero interessata dalle estumulazioni illegali è stata sequestrata. Il valore ammonterebbe a 4 milioni e mezzo di euro.