«L'interesse mio e del ministero è appoggiare gli accordi che riconoscono il ruolo delle paritarie per coprire tutti i posti per i bambini». Anche il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza entra nel dibattito sul referendum di Bologna sul mantenimento dei fondi comunali alle scuole dell’infanzia paritarie. E difende il sistema integrato presente con successo nel capoluogo emiliano da 18 anni. «Penso che il referendum abbia dato un inquadramento politico che va al di là della necessità per i bambini stessi e delle famiglie di avere una risposta a settembre». Il ministro non ci sta a farne un caso di principio, trasformando Bologna in una provetta di laboratorio: «Trovo scorretto non parlare delle esigenze dei bambini e discutere di massimi sistemi - ha sottolineato -. Quella dei fondi pubblici alla scuola è una questione importante, ma non deve avere una ricaduta su chi deve garantire un servizio». Secondo il ministro «lo spirito della legge è ben definito. Le scuole paritarie hanno degli obblighi da rispettare nei contratti con gli insegnanti e nei programmi e hanno un valore importante perché offrono un servizio che permette a un Comune di soddisfare le esigenze delle famiglie». Un confronto sempre più acceso, quello del referendum, che vede salire ora dopo ora la tensione in città e non solo. Il partito di Nichi Vendola accusa il sindaco Virginio Merola di volerlo escludere dalla maggioranza e di essere sceso ad accordi con il centro destra. Dalla stessa parte il M5s, che voterà A domenica per abolire i fondi alle private, e un nutrito gruppo di artisti e volti noti della scena nazionale. Con il fronte del «B», invece, che si batte per mantenere il sistema integrato, ci sono Pdl, Scelta Civica, Pd, Udc oltre a studiosi del calibro dell’economista Stefano Zamagni. Dopo Ascom e Unindustria, ieri anche un’altra realtà produttiva bolognese come la Cna si è schierata per il «B». Secondo il senatore Carlo Giovanardi « il referendum in programma domenica a Bologna va respinto perché ci allontana dall’Europa e mira a distruggere il pluralismo di iniziative in campo educativo che qualifica l’offerta e fa risparmiare risorse pubbliche - ha scritto -». «Quando con l’allora ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer varammo con legge il sistema scolastico nazionale, era chiaro che scuole statali, non statali e paritarie dovevano garantire gli stessi standard di trattamento per insegnanti e alunni», ha concluso. A schierarsi anche il leader dell’Udc Ferdinando Casini, che dalle colonne del Corriere della Sera ha risposto alla lettera mandata ieri allo stesso quotidiano da Stefano Rodotà. «La Costituzione riconosce espressamente l’istruzione e l’educazione quali diritti fondamentali della singola persona umana - ha scritto Casini - prescindendo dalla natura dei soggetti erogatori del servizio». «Se vincessero i referendari - spiega il leader Udc - due principi costituzionalmente riconosciuti verrebbero disattesi: la libertà della famiglia di scegliere l’educazione che ritiene opportuna per i propri figli e il valore della sussidiarietà riguardante l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale che tutti i soggetti pubblici sono chiamati a favorire, come per l’appunto nel caso degli istituti paritari convenzionati».