Il ritorno dell'odio (foto di archivio Ansa)
In Europa sono ripresi a circolare rabbia e odio. Per questo la Comunità ebraica di Roma ha organizzato questa domenica, presso il Tempio di Adriano, un evento che – alla vigilia delle elezioni europee – legge con queste due lenti il riemergere di intolleranza e razzismo nel mondo (i recenti attentati in Nuova Zelanda, Sri Lanka e Stati Uniti hanno riportato in primo piano il tema del radicalismo e dell’odio religioso).
«Suprematismi in Europa. Dalla rabbia all’odio» è il titolo dell’incontro, nel quale (dalle 17) interverranno il penalista Roberto De Vita, i giornalisti Paolo Berizzi e Paolo Mondani, il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma Giovanni Salvi, il vicepresidente del progetto Dreyfus, Gianluca Pontecorvo e lo storico Alberto Melloni. Il saluto iniziale sarà del presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello. Che ha spiegato le ragioni del convegno in un’intervista. Alcune recenti manifestazioni di piazza hanno dimostrato «il rinascere di organizzazioni che rivendicano la loro natura suprematista».
Non solo negli Usa, ma anche nel Vecchio Continente. «Pensavamo – prosegue Dureghello – che fascismo e nazismo fossero pagine drammatiche ormai elaborate». Invece non è così. «Pensavamo che la società avesse sviluppato degli anticorpi. E invece non vedo sufficiente sconcerto, indignazione, presa di distanza». Mentre bisognerebbe «soffocare sul nascere» certe manifestazioni, «dichiarare chi sta dentro e chi sta fuori il consesso civile». Insomma, «gli anticorpi devono palesarsi». Dureghello non ne fa un questione di destra o sinistra, ma etica (né si pronuncia quando le si domanda della «benevolenza» della Lega verso l’estrema destra).
Ferma la condanna degli striscioni contro il Papa. «Non sto parlando di antisemitismo, ma di un razzismo che pervade la società e colpisce tutti», ribadisce. C’è poi la questione dei cronisti sotto scorta per essersi occupati di estrema destra. E quella dei social. Sui quali ha detto la sua sui media l’avvocato De Vita, che ha difeso la comunità come parte civile nel processo contro il sito suprematista Stormfront. La crescita dei reati di xenofobia, ha detto, «è anche dovuta al fatto che si può odiare senza censura».