Al quinto anno di crisi si allunga la fila di poveri e senza lavoro davanti alle porte della Caritas Italiana. Che, nel suo rapporto su povertà ed esclusione sociale «False partenze» datato 2014, fotografa le piaghe di un paese in forte difficoltà, dove ceto medio e gruppi sociali tradizionalmente estranei al disagio sociale sono sempre più coinvolti dalla vulnerabilità economica. In sostanza, i dati del biennio 2012-2013 raccolti in 814 centri di ascolto - su 2832 - di 128 diocesi (quasi il 60% del totale) confermano quanto anticipato lunedì scorso nella Prolusione dal cardinale Bagnasco: «La povertà è in rapido e preoccupante aumento, sembra di essere in prima fila su una trincea più grande di noi». Vediamo le cifre, anticipate ieri. Il 62% degli indigenti sono stranieri, ma al sud prevalgono gli italiani col 60%. Secondo la ricerca, disponibile su
www.caritas.it e che sarà presentata lunedì 31 marzo a Quartu Sant’Elena al convegno nazionale delle Caritas diocesane, si rivolge ai terminali territoriali della carità e ai circa 27mila volontari una platea in prevalenza femminile (54%), coniugata (50%) e nel 72% dei casi con figli. Il 15,4% è separato o divorziato. Il rapporto approfondisce i bisogni degli ex coniugi con la prima indagine nazionale condotta presso le strutture ecclesiali, dalla quale emerge che la separazione aggrava fino a quattro volte l’emergenza abitativa, costringendoli a tornare a casa dai genitori (5%) o a ricorrere al classico divano degli amici (19) quando non all’auto o alla strada (5%). Anche il ricorso ai dormitori aumenta fortemente dopo la rottura di un legame di coppia. L’abbinamento povertà e separazione è confermato dal fatto che quasi un genitore separato su due cerca lavoro. L’indagine conferma che due terzi degli intervistati dichiarano di non riuscire a provvedere all’acquisto di beni di prima necessità. La separazione incide negativamente nel rapporto padri-figli: il 58% dei padri denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti. Interessante notare come i problemi familiari siano più diffusi tra gli italiani.Nel 2013 aei utenti su dieci erano in povertà economica, quasi la metà aveva problemi di lavoro e il 16% di abitazione. Tra gli italiani l’incidenza della povertà economica è più pronunciata rispetto agli stranieri, mentre è più elevata la presenza di problemi occupazionali tra gli immigrati rispetto agli italiani. La componente straniera dell’utenza ha anche maggiori problemi abitativi. Quanto alle richieste di aiuto, un utente su tre chiede alla Caritas beni e servizi materiali, un quarto circa l’attivazione e il coinvolgimento di soggetti ed enti terzi, uno su dieci orientamento a servizi o informazioni su misure e prestazioni socio-assistenziali disponibili nel territorio. Solo un decimo chiede aiuto economico in modo esplicito.Il rapporto ospita infine l’indagine sulla povertà continentale di Caritas Europa che analizza l’impatto della crisi anche sul Belpaese e lancia un allarme: il pil italiano potrebbe diminuire fra il 5 e l’8% da qui al 2016 per le misure di austerità e rigore fiscale introdotte durante la recessione, che hanno colpito gli investimenti in politiche sociali. Risultato: fra il 2010 e il 2011 l’Italia aveva il record Ue per aumento di poveri, toltole nel biennio successivo dalla sola Bulgaria. Sotto accusa l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni al costo della vita. La Caritas sottolinea poi la mancanza del reddito minimo e l’inadeguatezza del welfare italiano, aggravata dai tagli al terzo settore. Promossa invece la nuova social card. Ultima piaga nazionale la povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea. E in Italia, per la Caritas, ora torna il rischio di sfruttamento minorile.>