Il degrado del sito archeologico di
Pompei ha costituito una delle maggiori preoccupazioni dei
ministri dei Beni Culturali che si sono avvicendati negli ultimi
governi. A partire da Sandro Bondi, sotto il cui mandato si sono
verificati i crolli più importanti, fino a Massimo Bray. E lo
stesso Dario Franceschini, ad appena una settimana dal suo
insediamento, deve già fare già i conti con nuovi cedimenti,
avvenuti tra ieri e oggi, nella città romana sommersa
dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C, dal 1997 patrimonio
dell'umanità Unesco.
Il primo campanello d'allarme arriva il 6 novembre 2010,
quando la Domus dei Gladiatori si sbriciola sotto il peso di un
tetto in cemento armato e per le infiltrazioni d'acqua dovute
alla pioggia. E si scatenano le polemiche, che non risparmiano
nemmeno Bondi, ministro dei Beni Culturali nell'allora governo
Berlusconi. Bondi si difende, spiegando che se fosse
responsabile lascerebbe. Poi, sottolinea che il problema non
sono le risorse, ma il modo in cui sono gestite, chiamando in
causa i sovrintendenti, che per tutta risposta gli ricordano i
pesanti tagli al settore. Meno di un mese dopo, il primo
dicembre, crollano due muri della casa del Moralista,
fortunatamente senza affreschi, e Bondi propone un piano
straordinario per la manutenzione con il ritorno di una
soprintendenza autonoma con poteri più incisivi.
Il nuovo ministro, Giancarlo Galan, nel marzo 2011 sceglie
Pompei per la sua prima conferenza stampa e promette un piano di
manutenzione programmata che punti anche sul coinvolgimento di
sponsor e che sfrutti i fondi europei. A ottobre, però, crolla
un altro muro romano, probabilmente per la pioggia, a cui
seguiranno nei mesi successivi altri cedimenti.
Un anno dopo, arriva il sostegno europeo. La Commissione Ue
approva un piano per 105 milioni di euro. I lavori, annuncia il
nuovo ministro dei Beni culturali del governo Monti, Lorenzo
Orgaghi, partiranno partire in autunno. I lavori, per restaurare
le cinque Domus del sito, iniziano invece a febbraio 2013.
In aprile è il turno del governo Letta. Il neoministro
Massimo Bray, che va in visita privata a Pompei in
Circumvesuviana, promette: "Mai più un caso Pompei". Quindi
annuncia la nascita del progetto Grande Pompei con una
soprintendenza speciale con Ercolano e Stabia. Ruolo per il
quale viene nominato Massimo Sanna. Nel frattempo, per fortuna,
riapre dopo un anno di restauri la Casa degli Amorini Dorati,
una delle più famose del sito, registrando il boom di visite.
Poi però arriva l'altolà dell'Unesco: il governo ha tempo
fino al 31 dicembre per adottare misure idonee per Pompei,
denunciando carenze strutturali. Nel frattempo, spunta anche
l'ombra della camorra, e la Dia ispeziona i cantieri contro il
rischio di infiltrazioni mafiose. Intanto, la pioggia e
l'incuria continuano a flagellare i resti romani, provocando
nuovi cedimenti, fino ad oggi.