Il rogo dell'auto dell'assessore - Ansa
La mafia foggiana sfida le buone amministrazioni e sfida lo Stato. Le cosche del Gargano colpiscono in modo eclatante e simbolico, a soli due giorni dall’arrivo a Foggia del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e dei vertici nazionali di magistratura antimafia e forze dell’ordine, per rispondere agli attentati che hanno devastato il Foggiano in questo mese. Nella notte tra mercoledì e giovedì un attentato incendiario ha completamente distrutto l’auto di Generoso Rignanese, assessore al Bilancio e alle Attività produttive del Comune di Monte Sant’Angelo. «È un territorio infestato da una criminalità che continua a ritenersi proprietaria e libera di agire come vuole e quando vuole, che crede di continuare con la forza a far paura e segnare i luoghi del proprio potere – ci dice l’arcivescovo di Manfredonia, padre Franco Moscone –. Non passa giorno che non ci sia qualche atto intimidatorio anche forte come quello a Monte Sant’Angelo». E infatti non è la prima volta che Rignanese subisce intimidazioni. L’11 marzo 2019 una busta di plastica contenente un teschio umano e due biglietti con minacce di morte indirizzate all’assessore e al sindaco, Pierpaolo D’Arienzo, venne ritrovata appesa al cancello della delegazione comunale di Macchia. Ma non l’unico atto contro l’amministrazione eletta nel 2017 dopo due anni di commissariamento per condizionamento mafioso. Sono infatti ben sei le intimidazioni contro sindaco, assessori, consiglieri e dirigenti. E altre sei hanno colpito le imprese che gestiscono la raccolta dei rifiuti o impegnate in lavori per il Comune.
Un’evidente risposta, ci ha spiegato ieri un magistrato in prima linea contro le mafie foggiane, al ripristino di legalità che l’amministrazione di Monte Sant’Angelo sta portando avanti con convinzione. Non l’unica. Anche altri due Comuni garganici, Vieste e Mattinata (anch’esso sciolto per mafia), sono guidati da giovani politici che hanno intrapreso la stessa strada. 'Perle' conosciute in tutto in mondo per bellezza e storia, ma purtroppo note anche per la violenza dei clan. E la mafia reagisce per ribadire il proprio potere. Ma i giovani amministratori non arretrano. «Noi andremo avanti come abbiamo sempre fatto – afferma Rignanese –. Più che il rammarico per la mia auto, c’è l’amarezza per l’immagine che trasmettiamo al di fuori del territorio. Stiamo facendo tanto per cercare di riabilitare Monte Sant’Angelo, per lanciare un messaggio positivo per questo territorio e poi bastano quattro delinquenti per vanificare tutti gli sforzi». Di 'ennesimo atto vile e vigliacco' parla il sindaco. «Colpire un amministratore locale in questi territori ha un significato molto preciso, ossia quello di impedirgli di fare il proprio mestiere, quello per cui è stato chiamato dai suoi cittadini». Ma anche lui conferma: «Il nostro messaggio è sempre lo stesso: noi continueremo a fare il nostro lavoro nello stesso modo con cui lo siamo facendo, mostrando una Monte Sant’Angelo diversa, fatta di bellezza, di promozione e di luoghi meravigliosi per cui vale la pena lottare».
L’arcivescovo ha telefonato all’assessore per esprimergli la sua solidarietà e ha parole di plauso per l’amministrazione. «Ha avuto il coraggio, dopo lo scioglimento della precedente per infiltrazione mafiosa, di presentarsi alla popolazione con un programma chiaro, con la volontà di collaborare per un’immagine diversa della città, per il bene comune e per far vedere che ci sono altri valori. Un’amministrazione che cerca anche di intervenire e modificare aspetti di una cultura ancestrale che favoriva le infiltrazioni mafiose. E cerca attraverso l’educazione, con le nuove generazioni, di proporre un’altra visione della società civile e delle relazioni». Dunque, aggiunge l’arcivescovo, «l’attentato è sicuramente legato alla nuova amministrazione, al lavoro che ha fatto in questi anni e che sta facendo per rispondere in modo efficace e chiaro alle infiltrazioni mafiose. Ma è legato anche alle prospettive. Ricordo che tra meno di un anno ci saranno le nuove elezioni. E quindi potrebbe essere un tentativo di minaccia in questo senso». Invece, conclude padre Franco, «per cambiare, questo territorio ha bisogno di uno sforzo culturale, di un bagno di vera democrazia e di senso del bene comune. Ma anche di proposte alle nuove generazioni, proposte di vita qui, di lavoro vero, serio. Altrimenti i migliori scappano e gli altri che restano cercano di sopravvivere e questo è il terreno migliore per la mafia che si presenta come capace di dare le risposte e le sicurezze».