La protesta promossa dall’Associazione nazionale magistrati, annunciata da giorni, è andata puntualmente in scena, ieri, nelle cerimonie inaugurali dell’anno giudiziario nelle 26 Corti d’appello. Ma il risultato ottenuto, per il momento, non è il ritiro di provvedimenti contestati come quello sul "processo breve", bensì la rottura dei rapporti con il ministro della Giustizia Angelino Alfano, che giudica «cieche e non credibili» le critiche ricevute. «D’ora in poi – ha annunciato il guardasigilli – parlerò sempre con i capi degli uffici giudiziari, anziché con l’Anm, perché hanno una visione d’insieme e chiara del problema, su vicende concrete, senza fumisterie che rendono il confronto inefficace. È molto più proficuo parlare con chi vuole risanare la giustizia, anziché con coloro che si devono candidare al Csm e il cui impegno è ideologico».Tra i pochi chiari e i molti scuri dell’amministrazione giudiziaria, dunque, si è ancora una volta inserito, lungo l’intera Penisola, il conflitto tra l’esecutivo e le toghe. E le critiche al "processo breve", insieme alla richiesta di maggiori risorse umane ed economiche, hanno trovato spazio anche nelle relazioni di molti presidenti e procuratori generali delle Corti d’appello.La mobilitazione dei magistrati è stata massiccia ovunque, ma non granitica: in alcune sedi, come Reggio Calabria (dove era presente il presidente del Senato Renato Schifani), Catanzaro e Messina, giudici e pm non hanno lasciato le sedie vuote, indossando la toga e tenendo in mano una copia della Costituzione, quando ha preso la parola il rappresentante del governo o del ministero, come invece ha fatto la maggioranza dei loro colleghi nel resto del Paese. Niente protesta nemmeno a L’Aquila, dove ha parlato Alfano, per rispetto alla città ferita dal terremoto dell’aprile scorso.Il ministro, per altro, non ha risparmiato critiche all’iniziativa: «Mi pare che abbia registrato numerose defezioni – ha fatto notare –. È la prima volta che si verificano tutte queste defezioni: sono il termine di misura della irragionevolezza della protesta, che ha come unica esigenza quella di avviare la campagna elettorale per il rinnovo del Csm (in programma per luglio,
ndr) e quindi l’esigenza delle correnti organizzate di far valere la propria voce di fronte alle telecamere».In tutta Italia, alla manifestazione non hanno aderito gli iscritti a Magistratura indipendente (la sola corrente di opposizione all’attuale giunta dell’Anm), pur condividendo le ragioni del dissenso. Dettagli o episodi che nulla tolgono alla riuscita della protesta, secondo i vertici dell’Associazione. «Abbiamo dimostrato di essere uniti e compatti – ha detto il presidente Luca Palamara, al termine della cerimonia inaugurale di Roma –. Non importa quanti hanno manifestato il pacato dissenso. Anche una sola persona basta». Nelle città più grandi, ha poi sottolineato, l’adesione è stata «massiccia e composta». E non si tratta di «una rivolta contro una persona», ha voluto precisare, «ma contro una politica», non si tratta di «un arroccamento, ma di ribadire che in questo modo non si può andare avanti, senza riforme della giustizia e con gli insulti».Il ministro, si diceva, è intervenuto all’Aquila. Ed è stato protagonista anche di una piccola
gaffe, perché al termine del suo discorso ha pronunciato la frase di rito che invece spettava al presidente della Corte d’appello Giovanni Canzio: «Dichiaro aperto l’anno giudiziario». La cerimonia si è tenuta nell’auditorium della Guardia di Finanza di Coppito, perché il palazzo di giustizia di via XX Settembre è stato sbriciolato dal sisma. Alla fine, accompagnato dal presidente Canzio e dalle autorità locali, Alfano ha visitato la nuova sede degli uffici giudiziari aquilani, realizzati nella frazione di Bazzano a soli 47 giorni dalla tragedia. Si tratta di locali «completamente cablati e informatizzati, per un costo di un miliardo di euro», ha ricordato il guardasigilli, ribadendo però l’intenzione di ricostruire in via XX Settembre una moderna «cittadella della giustizia».