La raccolta dei pomodori nelle campagne di Foggia, da parte di una famiglia rom - Livio Senigagliesi
Un atto di civiltà. Regolarizzare gli oltre 350mila immigrati che svolgono lavori di bracciantato e le circa 300mila tra badanti, colf e baby sitter (per la maggior parte straniere) che assistono anziani e malati non autosufficienti o accudiscono bambini, diventa ora più che mai una necessità per il rilancio del Paese. Figure finora in ombra, fantasmi senza identità che, se fatti riemergere dal sommerso, possono rappresentare una preziosa risorsa per imprese e famiglie. Un aiuto alla ripresa dell’economia nella crisi produttiva ed occupazionale provocata dalla pandemia. Solo il riconoscimento e la tutela dell’attuale platea di badanti e collaboratrici domestiche, per esempio, porterebbe nelle casse dello Stato introiti fiscali e previdenziali valutati intorno al miliardo e mezzo di euro.
Il ministro degli Interni Luciana Lamorgese ha ribadito ieri in un’intervista ad Avvenire che «è all’attenzione del governo» la messa in regola dei «lavoratori impiegati in contesti di grave precarietà sociale e sanitaria, soprattutto nei settori dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca ». Lo aveva detto anche martedì rispondendo in videoconferenza alla medesima domanda dei deputati durante l’audizione alla Commissione Affari costituzionali della Camera, seppure con un più laconico «ci riserviamo una valutazione». Bene, comunque. Così uno dei temi più caldi al centro del dibattito politico sulla “fase 2” fa un passo avanti. E lo fa anche grazie alla forte spinta esercitata da Ong, Terzo settore, organizzazioni sindacali e imprenditoriali. Si attende quindi che forme di tutela e sostegno concreto a queste fasce dimenticate di lavoratori siano introdotte nel “decreto aprile” che è allo studio del governo, un provvedimento che mette sul piatto oltre 50 miliardi di euro per bonus figli, reddito d’emergenza, aumento a 800 euro del contributo per le partite Iva, proroga della Cassa integrazione e affitti.
E proprio sull’allargamento delle regolarizzazioni, la titolare del Viminale ha dichiarato al nostro giornale che «l’operazione di emersione» è già cominciata per i braccianti «e ciò non toglie che possa essere presa in considerazione, anche dal Parlamento, l’emersione in altri settori come quello del lavoro domestico».
Lettera aperta di sindacati e associazioni al presidente Mattarella e al premier Conte: «Agire subito per tutelare i migranti costretti a vivere nei ghetti. Ma servono soluzioni strutturali»
Un segnale chiaro. Con la regolarizzazione di badanti, collaboratrici domestiche e bambinaie, inoltre, le famiglie sarebbero aiutate ad affrontare meglio e più in tranquillità anche il lungo periodo in cui rimarranno chiusi, per la regola del distanziamento sociale, i centri diurni, le scuole e gli asili. E i lavoratori vanno messi in regola anche per l’emergenza Covid–19. Il rischio di facili contagi e di nuovi focolai va scongiurato, anche la loro salute va garantita. Per questo organizzazioni sindacali, associazioni, personalità del mondo culturale e singoli cittadini hanno inviato ieri una lettera–appello aperta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Giuseppe Conte e ai ministri competenti dove si chiede «di agire subito per tutelare la salute dei migranti costretti negli insediamenti rurali informali e nei ghetti».
«È una misura di equità nell’interesse nazionale e servono soluzioni strutturali che, soprattutto in condizioni di eccezionalità, non possono attendere», si dice nel documento firmato dal segretario Flai–Cgil Giovanni Mininni e, tra gli altri, dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del Papa, don Luigi Ciotti, presidente di Libera e da rappresentati di Caritas, Acli e Legambiente. «La regolarizzazione della mano d’opera non può e non deve essere ulteriormente rinviata », ha detto ieri la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova nel commentare l’operazione anticaporalato eseguita ieri nelle campagne di Latina dalle forze dell’ordine e della magistratura che ha portato all’arrestato di due titolari di aziende agricole che sfruttavano decine di braccianti di origine indiana costretti a lavorare per dieci ore al giorno, senza copertura sanitaria nè riposi e per paghe misere. «Regolarizzare il lavoro irregolare, in particolare in tempi di pandemia – ha sottolineato Bellanova – significa restituire dignità ai lavoratori, limitare il rischio dei contagi, salvare le prossime raccolte e tutelare le aziende agricole sane che subiscono una concorrenza sleale: non c’è più un solo minuto da perdere».