Il "Romanzo criminale" di Mimmo Cutrì e dei suoi fratelli trova la parola fine qualche secondo dopo le 2 e 35 di domenica, quando un carabiniere del Gis ammanetta l'ergastolano di 32 anni, colto nel sonno e intontto da una flashbang: accanto aveva una 375 magnum con il colpo in canna. Non ha avuto il tempo di impugnarla. Così come non ha potuto reagire Luca Greco, pregiudicato di 35 anni che si trovava con lui e aveva partecipato all'azione sanguinosa di lunedì scorso, davanti al tribunale di Gallarate, dove, nel conflitto a fuoco, era morto un fratello Cutrì,
Antonino, 30 anni, colpito al collo dagli agenti della Polizia penitenziaria. L'altro fratello, Daniele, 23 anni, dopo aver vagato due giorni, era tornato a casa dove lo aspettavano i carabinieri. Per catturare l'ergastolano di origine calabrese, in un covo di fortuna sprovvisto di acqua, luce e servizi igienici, a Inveruno, i carabinieri di Varese, di Gallarate e della sezione di Milano del Ros, che hanno ricevuto il plauso dei ministri Cancellieri e Alfano, avevano adottato la tecnica di "tagliare i rami secchi". Prima del blitz , erano stati infatti fermati
tutti i componenti della sua corte dei miracolì di pregiudicati, con alcuni dei quali era amico da piccolo, senza rapporti con la criminalità organizzata, ma non per questo meno pericolosi. Anche perché il loro arsenale doveva probabilmente
servire per rapine di 'autofinanziamentò, per le spese in latitanza. Per individuare il gruppo, sin dagli istanti dopo il conflitto a fuoco, i carabinieri, coordinati dal pm di Busto Arsizio Raffaella Zappatini, hanno cominciato a ricostruire
"l'intera vita criminale" di Mimmo: i reati commessi nella sua carriera e con chi. Greco, per esempio, è risultato condannato per favoreggiamento proprio per l'omicidio per cui a Mimmo era stato inflitto l'ergastolo: quello di un polacco che
aveva commesso l'errore di insidiare la sua fidanzata. Sono quindi scattate intercettazioni e pedinamenti (attività prerogativa del Ros) ed è giunto il primo errore del gruppo. Per via della presenza del cane di uno di loro, che aveva abbaiato
risvegliando i latrati di quelli di tutta la zona, hanno cominciato a considerare "bruciato" il covo iniziale di Cellio, nel Vercellese. Mimmo e Greco se ne sono andati e gli altri componenti del gruppo hanno cercato di trasportare una valigia con cibarie ed effetti personali: il manico si è rotto per la concitazione; hanno cercato di ovviare con dello spago: nulla da fare. Mentre abbandonavano la valigia sono stati visti dal solerte vice-sindaco del paese che ha avvertito i carabinieri che li hanno fermati. A Cellio, portato nei giorni precedenti, a bordo di un furgone dalla compagna del defunto Antonino, Carlotta Di Lauro, 26 anni, con un figlio di cinque, fermata a sua volta, l'occorrente per mesi di latitanza: anche centinaia di videocassette per trascorrere il tempo in attesa che si calmassero le acque e prendere il volo, magari all'estero. La paranoia di Mimmo per i covi sicuri (era stato latitante in passato per qualche anno e aveva maturato una certa esperienza mentre nella casa di famiglia è stato trovato uno scatolone di telecamere) li ha indotti ad abbandonare Cellio. Poi il secondo errore, fatale per l'ergastolano: dal telefono del complice Luca Greco è partita una telefonata a Franco Cafà, piccolo imprenditore della zona. I carabinieri del Ros, però, hanno sentito la voce di Mimmo. Cafà è stato pedinato, visto andare nella palazzina in rifacimento di Inveruno e fermato. Avuta la certezza che Cutrì era nell'appartamento, il blitz. Per Domenico Cutrì la fuga, durata meno di una settimana, era finita. Il procuratore di Busto, Gianluigi Fontana lancia un messaggio ai familiari di Cutrì che lo avevano difeso a spada tratta ("non ti costituire, scappa", aveva detto la madre). "Voglio fare un appello ai familiari di Cutrì - ha detto il magistrato durante una conferenza stampa -. Lo Stato è forte e il suo lavoro non è finito. Un figlio morto e due in carcere bastano". Anche il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha voluto ribadire il concetto che "lo Stato vince e i criminali perdono": questo arresto, ha detto, "è un segnale importantissimo per i nostri cittadini, perché dimostra che la sicurezza è sempre al primo posto". I due fratelli Cutrì, Domenico e Daniele, si trovano rinchiusi in isolamento in due celle distanti l'una dall'altra nel carcere di Opera.