venerdì 5 ottobre 2012
Che i Centri di identificazione ed espulsione vadano ripensati è ormai una priorità condivisa. «Ma ci penserà il nuovo governo – sottolinea l’alto dirigente dello Stato –. Un esecutivo tecnico che poggia su una maggioranza parlamentare così composita, infatti, è in difficoltà nell’assumere decisioni condivise su un tema delicato»​.
Cie, Modena: mai firmato con il nuovo gestore
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​«Qualcuno, negli ultimi anni, si è immaginato che rendendo più aspro il regime di detenzione amministrativa, aumentando i tempi di permanenza fino a 18 mesi, diminuendo i servizi, restringendo l’accesso e la trasparenza nei Cie, si sarebbe creato un deterrente più forte all’immigrazione clandestina e agli sbarchi. Credo sia stato un errore grave». Il prefetto Mario Morcone, capo di gabinetto del ministero per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, tra i maggiori esperti di politiche dell’immigrazione, non fa sconti sulle «scelte» degli ultimi anni e sulle ragioni delle falle più estese del "sistema Cie".Se l’inasprimento del regime ha peggiorato le cose qual è il modello positivo a cui guardare?Nel 2007, a seguito della relazione conclusiva della Commissione presieduta da Staffan De Mistura (attuale sottosegretario agli Esteri), fu avviata una operazione di profondo rinnovamento delle strutture, delle modalità di detenzione amministrativa, della qualità dei servizi offerti nei Centri; ci fu un forte alleggerimento degli aspetti più invasivi dei diritti e della privacy e si dette l’avvio anche alla ristrutturazione di molte strutture. Nessun "paradiso" ma un modello migliore. E poi venne introdotta la trasparenza.Cioè?L’allora ministro dell’Interno Amato diramò una circolare che consentiva a giornalisti, operatori del settore, associazioni, di poter visitare costantemente questi luoghi per verificare le attività che vi si svolgevano e la qualità dei servizi erogati.Sembra quasi paradossale parlarne oggi, quando organismi pastorali, associazioni umanitarie, cooperative di servizi, arrivano a definire i Cie posti "disumanizzanti"...Non nego che ci siano dei paradossi. Ma la cosa più grave introdotta più recentemente è il passaggio da un regime di detenzione amministrativa di 30 giorni più 30, a quello di 18 mesi; un provvedimento che ha snaturalizzato queste strutture. Secondo me è un periodo fuori misura. Soprattutto quando nei Cie ci finisce chi non dovrebbe.Vuole essere più chiaro?In questi centri devono finirci solo i soggetti socialmente pericolosi e destinati al rimpatrio perché raggiunti da un provvedimento che li vede sgraditi al nostro Paese. A me è accaduto però di trovarvi altre persone, per esempio delle badanti, che non hanno motivo di essere lì. Credo sia anche sconveniente da un punto di vista economico trattenervi questo genere di persone.Se i problemi dei Cie e anche dei Cara sono accertati, esiste la volontà di porvi rimedio? Ed eventualmente in che modo possono essere ripensati i Cie?Qui entriamo nella sfera di scelte squisitamente politiche. Un governo tecnico che poggia su una maggioranza parlamentare così composita è in difficoltà nell’assumere decisioni condivise su un argomento che divide. Credo che il prossimo governo darà una linea politica forte anche a queste problematiche. Diverso è parlare della necessità dei Cie, imposti anche a livello europeo.Ammetterà che vanno completamente ripensati.Occorre certamente una riqualificazione di queste strutture e anche una maggiore trasparenza rispetto alle attività che vi si svolgono. I Centri devono essere visitabili da giornalisti, da associazioni, oltre che, ovviamente, dai parlamentari e dalle istituzioni. Anche per rendere meno solitaria la condizione di chi è detenuto e per sollecitare l’attenzione su una questione che va costantemente ripensata.Ci sono organizzazioni che lamentano una mancanza di "condivisione dei dati" tra ministero della Giustizia e ministero dell’Interno: ci sarebbero cioè persone che, avendo un profilo carcerario, dopo aver scontato la pena, arrivano nei Cie dove si trovano costrette ad affrontare nuovi iter identificativi: come se ne esce?È un altro problema sul tavolo. Chi viene arrestato e trattenuto in un carcere dovrebbe essere identificato. Ma l’identificazione che veniva svolta a livello carcerario e che, temo, ancora venga eseguita, non ha lo stesso standard delle procedure delle altre forze di polizia. Per questo, nell’ultimo governo Prodi, fu emanata una circolare dei ministri Amato e Mastella che disponeva una procedura "standard" in modo da evitare, a chi avesse già scontato una pena e usciva dal carcere pur in mancanza di dati certi sull’identità, di venire rinchiuso in un Cie per nuovi accertamenti. Come vede, c’è ancora tanto da fare.
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