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Alla vigilia del vertice di maggioranza, irrompe il caso dell’assegno unico per i figli. Un tormentone per chiudere il quale, a fine giornata, Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti, il suo ministro dell’Economia, intervengono di persona, uniti in un video sui social per negare che il governo intenda abolire lo strumento universale in vigore dal marzo 2022 che va a tutte le circa 6 milioni di famiglie con figli fino a 21 anni. «Diffidate delle ricostruzioni, la manovra 2025 la dobbiamo ancora scrivere», è l’invito finale dei due.
Un autentico polverone. Ad animarlo è stato il giornale “Repubblica”, che titolava a tutta prima pagina: “Addio all’assegno unico. Meloni taglia il bonus famiglia”. In realtà, già a leggere il contenuto si capiva che la sostanza era diversa: nessuna sopprressione per questo sostegno (voluto per mettere ordine rispetto alle detrazioni e alla giungla di aiuti di prima) che oggi pesa sul bilancio dello Stato per ben 20 miliardi. Allo studio sarebbe semmai una rimodulazione su un punto specifico: la cancellazione della quota minima di 57 euro mensili a figlio che va ai soli nuclei che non presentano l’Isee e a quelli con Isee non sopra i 45.575 euro; quest’ultimo aspetto particolarmente rilevante perché comunque minerebbe il carattere universale, cioè destinato a tutte le famiglie con figli, dell’assegno. Fin qui l’articolo (che peraltro riprendeva uno del giorno prima del “Messaggero”), che ha scatenato tutte le opposizioni che hanno parlato di «attacco alla famiglia». Un colpo al cuore per il governo Meloni, che delle politiche familiari ha fatto (forse più a parole che nei fatti) una delle priorità alla luce della sfida dell’invecchiamento della popolazione, che non vuole depotenziare questo ausilio che tocca circa 9,5 milioni di figli (senza limiti di età per i disabili) e che anzi è intento a difenderlo dalla Ue che su di esso ha avviato addirittura una procedura d’infrazione. Non a caso questo dato è stato richiamato dal capo del governo nel video con Giorgetti (seduto dietro di lei): dopo aver ricordato che «noi l’abbiamo aumentato» (in effetti la dotazione globale è salita a 20 miliardi dai 16 del 2023), ha sottolineato che «stiamo dando battaglia in Europa, visto che la Commissione ci dice che dovremmo darlo anche ai lavoratori immigrati che ci sono in Italia e che di fatto questo vuol dire uccidere l'assegno unico». Una contesa che nasce dal fatto che l’esecutivo di centrodestra immagina l’assegno come uno strumento di lotta alla denatalità e non assistenziale, come lo intendono invece a Bruxelles. Ma l'estensione agli stranieri non residenti in Italia da almeno due anni già quando erano emersi i rilievi europei era stata bollata come insostenibile da Meloni.
Già prima del video congiunto le smentite erano state secche e a più livelli: il Mef guidato da Giorgetti in una nota aveva definito «fantasiosa e senza alcun fondamento l’ipotesi di tagli» alla misura in vista della prossima manovra, mentre il ministero della Famiglia di Eugenia Roccella si era sbizzarrito con note ironiche: «Non so se la rassegna stampa mattutina debba essere intesa come il sequel della falsa radiocronaca sullo sbarco dei marziani sulla terra di Orson Welles oppure vada presa sul serio e dunque considerata come procurato allarme». Peraltro al dicastero si fa notare che sarebbe «demenziale» una correzione netta della legge mentre è in corso il chiarimento con l’Ue. Inoltre gli eventuali risparmi resterebbero comunque in “area”, potenziando magari l’aiuto per le famiglie numerose o il bonus parallelo per le madri lavoratrici. Una bozza di lavoro della Ragioneria generale, tuttavia, ci sarebbe e starebbe alla base dell'equivoco. C’è poi il tema di escludere l'assegno dall'Isee per evitare un ricasco sulle altre agevolazioni (su questo c’è già un apposito tavolo). E intanto Adriano Bordignon, presidente del Forum famiglie, plaudendo alle smentite ricorda che i fondi non spesi sono «un’occasione, non un problema, ci sono idee valide per spenderli».
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