Nell’agenda del semestre di presidenza è scritto «migrazioni africane e cooperazione allo sviluppo». Ma si legge «emergenza sbarchi», perché significa contrastare il traffico di esseri umani e prevenire i viaggi della speranza. A Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri con delega per l’Africa che domani a Firenze presiederà un vertice informale di due giorni con i 27 ministri Ue dello sviluppo, tocca spiegare le proposte italiane, ma soprattutto perché 11 giorni fa ha incontrato per affrontare le questioni migratorie e del traffico di uomini il dittatore eritreo Isaias Afewerki, l’uomo che in 20 anni ha trasformato l’Eritrea in uno stato caserma e canaglia isolato dalla comunità internazionale, sotto embargo Onu e sotto inchiesta del Palazzo di Vetro per violazione di diritti umani e per il servizio militare illimitato. Ovvero, le cause dell’esodo verso l’Ue.
Cosa propone l’Italia ai partner Ue in campo migratorio?Di mettere in campo politiche di lungo periodo che guardino alla demografia. Nel 1950 l’Europa aveva il triplo della popolazione africana nel 2002 eravamo alla pari, nel 2050 l’Africa avrà il triplo della popolazione europea. In un secolo, quattro generazioni, la situazione si è capovolta. L’unica è avere un rapporto strutturato con questo continente.
Di che tipo? Anzitutto l’Ue deve creare in Africa 500 milioni di posti di lavoro con l’agricoltura sostenibile e l’energia. Poi dobbiamo stabilizzare i paesi fragili e segnati da conflitti. A chi obietta che la presenza nel Corno o in Repubblica Centrafricana è una perdita di tempo perché sono Paesi lontani, rispondo che lo sono finché non decidono di muoversi a migliaia per cercare rifugio e salvezza altrove. Infine, va gestita con questi Paesi l’emergenza immigrazione o le fughe derivanti dal collasso libico. Abbiamo bisogno di dialogare con tutti i sei paesi del Corno più i due di transito per gestire un fenomeno inarrestabile. L’Europa non può tollerare il traffico di esseri umani che colpisce eritrei, sudanesi e somali imprigionati e torturati durante il transito dal Sudan alla Libia.
Ma che garanzie può offrire il regime di Afewerki?Nessuna, ma è l’unico interlocutore. Tra l’altro in eccellente forma, visto quanto si legge sul suo stato di salute.
Cosa le ha risposto sul traffico di esseri umani? L’Onu accusa esponenti del suo governo di coinvolgimento...Che ci sono collusioni in Libia e in Italia e che non si può scaricare tutta la responsabilità sul suo governo. La mia tesi è che un Paese isolato e sanzionato a cui si tirano bacchettate tende a comportarsi irrazionalmente. Meglio provare a ingaggiarlo sui problemi. Hanno enormi difficoltà, da settembre 30 mila eritrei sono sbarcati sulle nostre coste. La politica dell’isolamento non ha portato frutti. Il mio ragionamento negli incontri con lui e coi governi somali, sudanesi, gibutino ed etiope è questo: le regioni africane stabilizzate si sono sviluppate economicamente. È interesse loro cooperare con l’Unione africana e quella europea. Partiamo dal traffico e dalla lotta alla corruzione della polizia di frontiera, tema su cui tutti accettano di sedersi a un tavolo. A ottobre verrà convocata una conferenza euro-africana, forse in Sudan. Non si può dialogare a colpi di report Onu.
Nemmeno impedire l’ingresso del rapporteur sui diritti umani come fa l’Asmara. La militarizzazione forzata e illimitata su cui l’Onu indaga e da cui fuggono in massa gli eritrei nasce dal conflitto irrisolto con l’Etiopia. L’Italia cosa può fare?La zona contesa di Babde è Eritrea. La situazione poi si è congelata dal 2001. Sono il primo tornato all’Asmara dopo anni e all’Etiopia, leader della regione, non è dispiaciuta la mia visita. E in Somalia realizzeremo l’ambasciata nella zona aeroportuale. L’Italia vuole tornare a impegnarsi nel Corno d’Africa dove ha lasciato un’eredità positiva.
E in Libia?Occorre premere sul nuovo governo per accettare l’Acnur e aderire alla Convenzione di Ginevra. Non è facile, il 10% dell’economia libica deriva dal traffico, ma non c’è scelta.
Il Ministro degli Esteri Mogherini andrà o no a Bruxelles?Mi pare che le cose si muovano, che il ministro sia apprezzata in Europa e che il premier abbia giocato bene le sue carte.