martedì 13 maggio 2014
Novanta minuti la domenica mattina, riservati alle mamme e ai bambini Il governatore Zaia: «È una resa culturale»
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Dopo la moschea, anche la pi­scina. È troppo per Luca Zaia, presidente della Regione: questo è un altro scalino del processo di islamizzazione di Venezia. L’al­tro ieri la piscina del parco Albanese, a Me­stre, è stata aperta, nella prima di tre do­meniche di seguito, al nuoto esclusiva­mente femminile. Non più di 90 minuti, dalle 9 alle 10.30, di possibilità natatoria so­lo per le donne e i loro figli piccoli. Un’op­portunità pensata dal Comune, in colla­borazione con l’associazione Uisp e la Po­lisportiva Bissuola, per dar modo soprat­tutto alle musulmane di uscire di casa e di socializzare. Domenica si sono presenta­te in 27 e nessuna di queste ha indossato il “burkini”, il costume intero che viene u­sato dalle donne di religione islamica. Pao­lo Peratoner, presidente dell’Uisp, spiega che con questa iniziativa si vorrebbe dare l’opportunità alle donne musulmane di conquistare spazi di autonomia e di mag­giore integrazione, finalizzata anche ai lo­ro figli. Il pubblico, fino alle 10.30, non può entrare. Può farlo dalle 11. Il governatore del Veneto non ci sta. «Con questa deci­sione è stato scalato un nuovo gradino di un processo di islamizzazione iniziato con le polemiche sul crocifisso in classe e pro­seguito con la realizzazione della Moschea a Venezia - protesta Zaia - . Una situazione inaccettabile, anche perché priva di un re­quisito fondamentale come la reciprocità del rispetto degli usi, costumi, tradizioni, storia. Il che vorrebbe dire ad esempio che ci fosse anche per noi la possibilità di pro­fessare la nostra religione e di seguire le nostre abitudini culturali e storiche libe­ramente nel mondo dell’Islam». La libertà di un individuo - ricorda il Governatore ­finisce dove comincia quella di un altro. «Portare oltre i limiti del buon senso l’ac­cettazione di modi di vita lontani anni lu­ce da noi - secondo Zaia - modificare le nostre regole di vita per essi non è apertu­ra culturale, ma resa identitaria e un po­polo che perde la propria identità non ha futuro».
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