Ansa
Aborto farmacologico anche negli ambulatori, nei consultori e non solo in ospedale. Il Lazio strappa e recepisce le linee guida del ministero della Salute per garantire la Ru486 anche fuori dal ricovero ospedaliero.
La decisione regionale propone di «rimuovere gli ostacoli all’accesso alla metodica farmacologica, nell’ottica di assicurare a tutte le donne che richiedono l’interruzione volontaria di gravidanza un servizio che tenga conto dei dati basati sulle evidenze scientifiche e rispettoso dei loro diritti». Viene dunque garantita alle donne la possibilità «tra regime di ricovero e regime ambulatoriale». Il documento approvato dalla Regione guidata da Luca Zingaretti precisa che «il metodo farmacologico è sicuro ed efficace e può essere utilizzato, oltre che per l’interruzione volontaria, anche nel trattamento di varie condizioni cliniche quali l’aborto spontaneo, l’aborto incompleto, la morte fetale intrauterina». Dunque apre alla possibilità di usare la Ru486 anche per altre condizioni ostetriche.
«L’aborto diviene sempre più un fatto privato riguardante esclusivamente la donna, che può scegliere di assumere un farmaco e 'rinchiudersi' nella propria casa, lontana da una struttura sanitaria, mentre è in corso il processo di soppressione ed espulsione della vita umana che si stava sviluppando nel suo grembo: i rischi per la donna con l’aborto 'a domicilio' non possono essere sottaciuti» afferma Alberto Gambino, presidente dell’associazione Scienza & Vita. «Il ricorso alla pillola può sembrare, infatti, solo apparentemente uno strumento più semplice e umanitario – aggiunge Gambino –. La donna è lasciata sola e si finisce per banalizzare l’evento, drammatico, dell’interruzione della gravidanza».
Nei mesi scorsi su alcuni territori, in realtà, si era aperta una breccia per impedire l’aborto farmacologico in regime di day hospital (Umbria) e per consentire l’uso della pillola solo in ospedale (Piemonte). Ora il Lazio segue l’esempio di altre Regioni, come la Toscana, che va invece nella direzione opposta.