È negli incontri più riservati che Berlusconi rivela i pensieri che lo angosciano davvero. «Ma come fa a stare ancora lì? Lui è un soggetto attivo in quello che sta succedendo...». Si riferisce a Fini, al suo presunto ruolo nel Rubygate, e ne parla con impeto, mettendo in fila «tutte le strane coincidenze», il feeling del presidente della Camera con l’Anm, lo stillicidio di rilevazioni uscite goccia a goccia dagli uffici della Questura. Ha bisogno di «uscire dall’angolo» il premier, e oltre a reagire al nemico giurato, vuole mettere in pratica tre mosse-lampo: andare in tv, forse in Rai, a ribaltare le accuse, cambiare il nome del partito, infine andare in piazza (ma su questo punto sono in tanti a sconsigliarlo, ora non sono ammessi mezzi flop).C’è poi la quarta mossa: ripartire subito con l’azione di governo. Un proposito consolidato dalla «cieca fiducia» nella Lega, che rende superflua e bypassabile ogni trattativa con Casini (caldeggiata da Gianni Letta) e vano ogni discorso sul cambio di premiership (l’ombra di Tremonti...). I capitoli del "ritorno al lavoro" si chiamano giustizia (ieri Alfano, a Matrix, ha presentato la riforma, che comprenderebbe la modifica degli articoli da 101 a 111 della Costituzione, le intercettazioni e anche il risarcimento ai cittadini ingiustamente "spiati"), fisco, crescita (in un incontro con il ministro Romani ha messo a punto un pacchetto per placare le preoccupazioni di Confindustria). Ed è questa la road map disegnata ieri notte in un summit con coordinatori e capigruppo Pdl, alla presenza anche del Guardasigilli e del ministro Sacconi.Se nei primi giorni dello scandalo a luci rosse appariva ferito e giù di tono, chi lo ha incontrato nelle ultime ore torna a definirlo «lucido, sereno e pronto a scherzare». «Chiudete i telefonini, togliete anche le batterie – dice ai fedelissimi –, lo sapete, siamo tutti spiati». Battute a parte, ieri la controffensiva su Fini è già partita, e non riguarda solo le carte sulla casa di Montecarlo arrivate alla Farnesina dal governo di Santa Lucia. Durante la conferenza dei capigruppo, Cicchitto ha ripreso tra le mani una proposta pre-natalizia della Lega: discutere in Aula sulla «contraddizione tra la figura di presidente della Camera e il ruolo di leader politico». Come a dire: lascia la carica. «La questione è di competenza della Giunta per il regolamento, e non della conferenza», ha replicato lapidario la terza carica dello Stato.Una frase mattiniera di Bondi potrebbe essere rivelatrice dei più profondi turbamenti del premier: «Esiste uno snodo tra politica, giustizia e informazione, un luogo, una sede in cui vengono coordinate le iniziative...». Il ministro si riferisce alla pubblicazione di alcune intercettazioni tra la Santanché e l’imprenditore Fusi, con l’intermediazione di Denis Verdini, nell’ambito dell’inchiesta Grandi eventi. Ma il ragionamento si estende a tutti i casi giudiziari che toccano il premier e chi gli è vicino. E ancora Alfano, in tv, non rinuncia a tirare una sassata: «Fini sta trasformando la presidenza della Camera in un organismo geneticamente modificato». Parole che scatenano le reazioni della democratica Anna Finocchiaro («ben altri ogm ha prodotto questo governo...») e del futurista Carmelo Briguglio («mai visto un Guardasigilli impegnato nella difesa di un premier imputato...»). Ma che in realtà annunciano altri e più potenti fuochi d’artificio.