mercoledì 1 giugno 2011
Su proposta del presidente del Consiglio il ministro è entrato nella squadra dei coordinatori nazionali con un ruolo "politico". Restano Denis Verdini e Ignazio La Russa, mentre Sandro Bondi è dimissionario.
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La novità che Berlusconi porta al parlamentino del Pdl è una sola, tra l’altro annunciatissima. Angelino Alfano è all’unanimità - previo passaggio formale in Consiglio nazionale - il "segretario politico" degli azzurri. L’obiettivo - dice il neoleader nella conferenza stampa serale - è «ripartire per vincere nel 2013». Nella nuova piramide del partito sarà il vertice unico. Sotto di lui - non rimossi dal premier - ci saranno i tre attuali coordinatori Denis Verdini, Ignazio La Russa e Sandro Bondi (l’unico dimissionario dopo i ballottaggi). Si occuperanno, rispettivamente, di organizzazione, propaganda e "filosofia dei valori", mentre le deleghe più scottanti saranno in mano al (quasi ex) Guardasigilli fino a quando non sarà pronto a ridistribuirle. «Angelino è giovane e ben voluto, ci ridarà slancio», ha detto il premier ai circa 40 membri dell’ufficio di presidenza radunati ieri pomeriggio a palazzo Grazioli. Per poi chiudersi nel silenzio, perché di cose da dire i suoi ne avevano, tanto è vero che la riunione riprenderà martedì.Fino all’ultimo secondo il Cavaliere ha provato a convincere La Russa e Verdini dell’opportunità di fare un passo indietro. Tentativo fallito. Il risultato è che non c’è stata l’invocata rivoluzione. E nonostante l’unanimità della decisione, Alfano ha accettato consapevole del rischio che i due possano provare a condizionarlo. Sa, inoltre, che da più anime arriva la richiesta di democrazia interna, congressi e primarie. A palazzo Grazioli, infatti, quasi tutti i componenti della presidenza si iscrivono a parlare, prolungando la riunione sino a tarda sera. Esprimono tutti i mal di pancia interni al partito - i rapporti con la Lega, la politica economica "tirata" di Giulio Tremonti, lo scontro tra "falchi" e "moderati"... -, insistono perché alla nomina del "segretario politico" si affianchi un «deciso rilancio dell’azione di governo». Ci sono anche i "romani" sul piede di guerra Alemanno e Polverini e partecipa - inatteso - Giulio Tremonti, che ha ascoltato le lamentele senza batter ciglio.Un segno di novità, in ogni caso, è che Alfano non avrà doppi e tripli incarichi (accusa spesso mossa a La Russa). Si dedicherà solo al partito e, dicono i suoi, girerà l’Italia a caccia di nuova classe dirigente. Ergo lascerà via Arenula non appena ci sarà la ratifica del Consiglio nazionale, forse dopo aver portato in Cdm lo schema di legge che delega il governo a riformare la giustizia. Chi andrà al suo posto? Cicchitto ha detto «no», Lupi si àncora al suo ruolo di vicepresidente della Camera. Il nome più gettonato è allora quello di Elio Vito, mentre tra gli outsider si fa spazio il sottosegretario Alfredo Mantovano, vicino alla Giustizia già nel 2008 (allora si oppose Fini). Un sondaggio è stato fatto anche su Anna Maria Bernini. La sensazione è che la partita sia ancora aperta, perché la poltrona più sensibile della legislatura scotta troppo. Se si profilasse la soluzione-Vito, si libererebbe poi un’ulteriore casella, quella dei Rapporti con il Parlamento. Un posto che potrebbe soddisfare Claudio Scajola, che da tempo ha raccolto un folto gruppo di parlamentari ex forzisti fedeli allo "spirito del 94" (l’ex ministro è accostato anche alla vicepresidenza di Montecitorio nel caso Lupi entrasse nella squadra di governo). In sostanza sarebbe un nuovo rimescolamento delle carte nell’esecutivo, sul quale si dovrà incassare il placet della Lega, che ieri ha osservato le mosse dell’alleato nel più assoluto silenzio.
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