«All’inizio del nuovo anno scolastico gli studenti troveranno coperte tutte le cattedre». È il solenne impegno del ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, al suono della prima campanella del 2017-2018, avviato ieri in Piemonte, Trentino, Basilicata, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia. Oggi toccherà a Lombardia e Molise, domani a Veneto e Umbria, giovedì a Campania, Valle d’Aosta, Calabria, Sardegna, Sicilia e Liguria. Infine, venerdì torneranno tra i banchi anche gli alunni di Lazio, Puglia, Marche, Emilia Romagna e Toscana. Complessivamente, la popolazione scolastica quest’anno è composta da 8,6 milioni di alunni, di cui 7.757.849 della scuola statale e i restanti 900mila circa delle scuole paritarie.
«Non sottovalutate mai il valore della conoscenza », ha scritto Fedeli in un messaggio di saluto a- gli studenti, ricordando l’impegno del Ministero per una scuola «più inclusiva» e rilanciando la proposta, avanzata nelle scorse settimane, di innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni. «Credo – scrive il ministro – sia la migliore scelta che il nostro Paese possa portare avanti per garantire ad ogni giovane di avere una formazione completa, solida, il bagaglio necessario per collocarsi in modo positivo nel mondo del lavoro». L’anno che si apre ha visto le famiglie impegnate a rispettare le scadenze degli obblighi vaccinali e ieri era, appunto, l’ultimo giorno per comunicare alle scuole lo stato vaccinale dei figli fino a 6 anni, mentre per quelli fino a 16 ci sarà tempo sino al 31 ottobre. Contro l’obbligatorietà dei vaccini e le circolari del Miur che ne illustravano le modalità operative, ieri il sindacato autonomo Anief ha annunciato ricorso.
«Con l’obbligatorietà – sostiene il segretario di Anief, Marcello Pacifico – si preclude la possibilità di far frequentare la scuola agli alunni fino a 6 anni non in regola e si sanzionano ingiustamente le famiglie con figli da quel-l’età fino a 16 anni, minando il diritto costituzionale allo studio e conferendo alle dirigenze scolastiche una responsabilità che dovrebbe riguardare solo l’ambito sanitario». Cattive notizie, infine, sul versante delle scuole paritarie. Come scrive Tuttoscuola, che ha elaborato i dati ufficiali del Miur, in due anni hanno chiuso 415 istituti non statali, per un decremento complessivo del 3,2%, mentre nello stesso periodo le scuole statali sono aumentate di 92 unità. Secondo l’analisi della rivista specializzata, sono due le cause di questo arretramento della scuola paritaria: la crisi economica, «che ha pesato sulle rette scolastiche delle famiglie» e la crisi demografica, con la conseguente riduzione del numero degli alunni, «più marcata sulla paritaria che sulla statale».
«Ogni scuola paritaria che chiude aumenta la spesa a carico dello Stato», commenta suor Anna Monia Alfieri, esperta di parità e presidente delle Fidae Lombardia. Per far fronte al problema, suor Alfieri da tempo promuove l’introduzione del “costo standard di sostenibilità”, pari a un contributo di 5.200 euro per tutti gli alunni, sia della statale che della paritaria. «In questo modo – spiega – lo Stato, che oggi spende circa 8mila euro per ogni alunno della statale e 500 per ciascun ragazzo della paritaria, farebbe un’intelligente operazione di riallocazione delle risorse, con risparmi annui di 2,7 miliardi di euro».