Un primo passo positivo ma non certamente risolutivo di tutti i problemi ancora sul tappeto. I gestori delle scuole paritarie, hanno accolto così la novità che, stando a indiscrezioni di stampa, sarebbe contenuta nella bozza del decreto Imu preparata dal ministero dell’Economia. Si tratta dell’introduzione del “costo medio per studente”, nuovo parametro per stabilire quali scuole dovranno pagare l’imposta sugli immobili e quali invece saranno esentate. In sostanza, gli istituti che applicano rette medie inferiori a 7.600 euro l’anno non dovranno pagare l’Imu, perché l’attività sarà considerata «non commerciale», mentre la verseranno le scuole che supereranno tale soglia. Mediamente, la retta annuale delle scuole paritarie, che varia a seconda della regione e dell’ordine di scuola, si aggira comunque sui 2.000-2.500 euro all’anno. Molto al di sotto, quindi, del limite previsto. «Ci sembra una proposta ragionevole e fondata su un parametro oggettivo e incontestabile», commenta don Francesco Macrì, presidente della Fidae, la Federazione istituti di attività educative. «Ci rallegriamo – aggiunge – che le paritarie, le cui rette sono largamente inferiori alla cifra indicata, siano esentate dall’Imu. Ci chiediamo, però, perché devono pagare altre tasse, come la Tares, che invece le scuole statali non versano. La parità deve essere reale e deve valere sempre, perché sia le scuole statali che quelle paritarie svolgono un servizio pubblico. Per questo – conclude don Macrì – consideriamo positiva questa novità, anche se aspettiamo di conoscere il testo definitivo del decreto». Anche Marco Masi, presidente della Foe, la Federazione delle opere educative, vuole al più presto vedere le carte. «Aspettiamo il testo anche se crediamo sia un primo passo positivo ma che non cambia la sostanza del problema – ricorda –. Sarebbe equo prevedere che tutte le scuole paritarie non fossero soggette all’Imu. Invece, in questo caso l’esenzione vale soltanto per gli istituti gestiti da enti non commerciali, mentre sono escluse le scuole gestite dalle onlus. L’esenzione dovrebbe, invece, valere per tutte le scuole, così come avviene, del resto, per quelle gestite dallo Stato». Dando un giudizio «moderatamente positivo» della novità, anche Antonio Trani, vice-segretario nazionale della Fism (la Federazione che riunisce le scuole materne di ispirazione cattolica), rimanda un commento articolato alla lettura del testo ufficiale del decreto. «Se l’impianto concordato al tavolo tecnico del Ministero fosse confermato, come ci auguriamo – sottolinea Trani – sarebbe sicuramente positivo». Per affrontare in maniera decisa e alleviare la situazione finanziaria delle scuole paritarie, servirebbe, però, una «contribuzione più seria». Non possono certo bastare i 532 milioni di euro all’anno, per un milione e 30mila studenti, stabiliti dalla legge sulla parità 62 del 2000 e mai più rivisti al rialzo, nemmeno per adeguarli all’inflazione. «Ad oggi – denuncia Trani – stiamo ancora aspettando gli ultimi 230 milioni dei contributi per l’anno scolastico 2012/2013 e lo sblocco della prima parte di quelli di quest’anno. Ogni volta dobbiamo sprecare tempo e fatica per rincorrere contributi che comunque non bastano a sostenere le scuole. Per cui, va bene il “costo medio per studente”, ma la strada verso l’effettiva parità è ancora lunga e piena di ostacoli».