giovedì 26 giugno 2014
Hanno il 12% degli alunni ma l’1% delle risorse statali. «Se chiudessero avremmo un problema da 6 miliardi di euro», ha ricordato il ministro Giannini alla presentazione del rapporto Treelle.
In Italia i professori più anziani
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«In Italia si rischia il monopolio statale nella gestione della scuola». È l’allarme lanciato dall’associazione Treelle che ieri, nell’aula magna della Luiss, ha presentato il rapporto “Scuole pubbliche o solo statali? Per il pluralismo dell’offerta”. Impietoso, per il nostro Paese, il confronto con il sistema di finanziamento e gestione delle scuole non statali adottato da Stati Uniti, Inghilterra, Paesi Bassi e Francia, presi a riferimento dalla ricerca. Il risultato è che mentre in campo internazionale le scuole non statali prendono sempre più piede e aumentano il numero degli studenti, da noi le paritarie sono da tempo in costante calo.«Il pluralismo dell’offerta formativa in Italia si è realizzato a metà – ha commentato il presidente dell’associazione Attilio Oliva – senza risorse pubbliche o con risorse marginali. Le scuole paritarie sono quindi in costante declino e anche le migliori chiudono una dopo l’altra, perché le famiglie che devono pagare le rette non c’è la fanno più. Si va verso il monopolio della gestione statale della scuola, che non è una buona cosa come tutti i monopoli».Il problema è proprio quello dei finanziamenti. Negli Stati Uniti, Inghilterra e Paesi Bassi, il governo eroga contributi alle scuole non statali su base capitaria, cioè con una cifra fissa per alunno, in misura pari a quella prevista per le scuole statali. In Italia, invece, pur fornendo il servizio al 12% degli studenti, le paritarie ricevono l’1% della spesa totale per l’istruzione. In soldoni significa che per ciascun allievo delle paritarie lo Stato sostiene una spesa di 463 euro, contro i 6.800 per ogni studente delle statali. Una discrepanza intollerabile, più volte ribadita dalle associazioni dei gestori delle scuole, che nega il principio stesso della parità sancito dalla legge 62 del 2000. Norma che, tra l’altro, riconosce che le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico a tutti gli effetti.Su questo tasto batte da tempo lo stesso ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che più volte in pubblico ha affrontato la “questione paritarie”. Lo ha fatto anche ieri, alla presentazione del rapporto di Treelle, ricordando che «se domani mattina tutte insieme le scuole paritarie spegnessero le luci, cosa che non deve succedere, avremo un grande problema da 6 miliardi di euro». A tanto, infatti, ammonta il risparmio per le casse statali, garantito dal servizio pubblico offerto dalla paritarie. Purtroppo, lo scenario rappresentato dal ministro è già una dura realtà in tanti territori, che hanno visto le scuole paritarie costrette alla chiusura perché, come ha rilevato la ricerca di Treelle, «sono le famiglie a pagare quasi per intero le rette». Una situazione che, complice la crisi, sta diventando insostenibile per tanti genitori a cui, di fatto, è negato il diritto di scelta della scuola dei propri figli.Un sostegno alla libertà delle famiglie potrebbe invece derivare dalla diffusione su scala nazionale del “modello Trentino”, dove gli alunni delle paritarie sono il 21% del totale con punte del 76% nella Formazione professionale e del 62% nella Scuola dell’infanzia. Anche per quest’anno scolastico, la Giunta della Provincia autonoma ha deliberato la copertura totale dei costi degli asili e della formazione professionale, stanziando in aggiunta 2.800 euro per ciascun studente delle medie inferiori e 2mila euro per ogni scolaro delle elementari e ogni allievo delle superiori paritarie.
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