sabato 21 giugno 2014
​Ma la madre insiste: «Figlio di mio marito». Al vaglio della Procura le dichiarazioni del fratellino della vittima.
Una luce nell'abisso di Giuseppe Anzani
Basta con l'informazione dalla serratura di Tiziano Resca
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Indagare sull’omicidio di Yara Gambirasio «è stato come ricostruire un puzzle: quasi tutte le tessere ora sono a posto». Seduta tra il generale Mario Parente, comandante dei Ros, e Raffaele Grassi, capo dello Sco, ieri la pm Letizia Ruggeri ha svelato come si è arrivati a Massimo Giuseppe Bossetti. «Il caso non è chiuso», ha avvertito. La pista dell’aggressione a sfondo sessuale resta quella privilegiata, «ma è ancora da accertare». Va detto che Yara non fu profanata. Tra gli indizi da approfondire scritti nell’ordinanza di custodia cautelare c’è la testimonianza del fratellino della vittima: «Aveva paura di un signore in macchina che andava piano e la guardava male quando andava in palestra e tornava a casa». L’uomo aveva «una barbettina» e l’auto era «lunga e grigia». Però il bimbo dice anche che l’individuo era cicciottello. Bossetti ha una Volvo argento ma il suo è un fisico asciutto.La procura ha rivelato di «aver indagato anche sulla criminalità organizzata e sulle aziende del territorio, compresa quella dove lavora il padre di Yara e dove lavorava prima. Ma finora nulla è emerso. Per tre mesi non abbiamo escluso l’ipotesi di un sequestro». La calce trovata nei bronchi della ragazza, poi, aveva spinto a tenere la lente puntata sull’edilizia. «In questo contesto – ha scritto la pm – è emersa l’utenza telefonica di Bossetti». La Ruggeri ha però ribadito come la strada maestra che ha portato al muratore sia partita dall’ipotesi del figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. E qui la scienza è stata affiancata dai metodi tradizionali, compresi agenti chiusi per giorni in oscuri archivi a sfogliare polverosi registri. In uno di questi c’erano i nomi degli emigrati dall’alta Valle Seriana alla zona di Brembate Sopra. In particolare, quelli di 532 donne, tra cui Ester Arzuffi: con il marito Giovanni Bossetti si trasferì a fine ’69. I gemelli Giuseppe e Laura nacquero nell’ottobre 1970. Guerinoni era loro vicino di casa e secondo la procura ebbe una relazione con Ester, proseguita dopo il trasloco. Il dna della donna fu prelevato già nel 2012, ma è stato analizzato solo due anni dopo. «I carabinieri hanno esaminato 9.488 dna, la polizia 4.897: ci voleva tempo».Nessun ritardo e nessuno spreco. «Ci hanno accusato di aver speso troppo – si è sfogato il procuratore Francesco Dettori –. Polemiche stupide: per scoprire chi ha ucciso una adolescente lo Stato non deve badare ai soldi». Il magistrato è tornato anche a bacchettare il ministro Alfano, che lunedì ha “bruciato” la notizia del fermo: «Che bisogno c’era di darlo in pasto alla stampa?». Ester Arzuffi, intanto, continua a negare di aver avuto una relazione con Guerinoni. «Massimo è figlio di mio marito e non è un assassino». Ci sarebbe la prova del nove: esaminare anche il dna del signor Giovanni. Secondo l’avvocato Gazzetti è già stato fatto, con esito negativo: Massimo Bossetti, in carcere, è rimasto «sconvolto». Ma ieri la procura – che potrebbe chiedere il giudizio immediato – ha ribadito di essersi limitata ad acquisire il campione: «L’esame per ora non è necessario».

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