Un trillo di telefono che suona come una campana d’amicizia. E che, soprattutto, rompe la solitudine. Per Antonia, 91 anni e senza parenti, quello squillo è arrivato qualche anno fa e ora di familiari ne ha più di uno nel quartiere Trastevere a Roma: i commercianti del suo vicolo, i vicini di casa e i volontari di “Viva gli anziani!”, il programma di monitoraggio degli over75 ideato dalla comunità di Sant’Egidio, dopo l’emergenza caldo dell’estate 2003. Il meccanismo, per ora attivo in tre quartieri centrali della Capitale, è semplice e in più fa risparmiare il sistema sanitario, perché riduce i ricoveri impropri e i costi dell’assistenza domiciliare. Gli anziani, in sostanza, vengono contattati telefonicamente e inseriti in “cabine di regia” gestite da operatori di quartiere che controllano costantemente il loro stato di salute e rispondono alle loro esigenze pratiche. Così si attivano reti di prossimità e di aiuto che ben presto si trasformano in vere famiglie allargate. Dalla spesa alle medicine, passando per il caffè la domenica in compagnia o al semplice “come stai?”, il progetto mira proprio a ricostruire i legami nella comunità. Anche in una grande città. Oggi sotto un’ala protettiva vivono 4mila anziani, che per lo più abitano soli o hanno figli lontani, ma in dieci anni oltre 9mila persone sono state “accompagnate” nelle difficoltà quotidiane. Gli 11mila volontari attivi nei rioni Esquilino, Testaccio e Trastevere hanno risposto, attraverso una cornetta o porta a porta, alle loro 280mila richieste di sostegno. Un’esperienza «lungimirante» e un modello «conveniente», per il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che collega «medici di base, volontari, famiglie e rete di vicinato» per lasciare meno isolati gli over75. In un momento in cui, quindi, il futuro della sanità è più territorio e meno ospedale, sottolinea il capo del dicastero durante l’incontro organizzato da Sant’Egidio e Mediolanum Farmaceutici per il decennale di “Viva gli anziani!”, «il suo aspetto migliore è la sussidiarietà e la rete di solidarietà» che rende la vita di quartiere «più vera e più buona ». Se però le teste canute da qui al 2020 raggiungeranno il 23% della popolazione, troppo poco si parla di loro, o lo si fa spesso considerandole una zavorra per previdenza e sanità. Proprio per questo, ieri Federanziani ha chiesto al ministro Lorenzin di istituire subito una commissione permanente per le politiche della Terza età. Il nostro Paese ha bisogno di «una cultura nuova – ricorda invece il presidente di Sant’Egidio Marco Impagliazzo – che è quella del mettere insieme gli uomini di buona volontà» per superare la crisi economica e sociale. Il programma di monitoraggio, difatti, rende meno isole gli anziani, «recupera il senso del darsi da fare per gli altri», aggiunge, attiva meccanismi di «emulazione inaspettati al di fuori della rete familiare». In più, la società ci guadagna «in civismo e altruismo ». E anche le casse pubbliche. Il risparmio è infatti sia in termini di prevenzione del danno, che di riduzione degli ospedalizzati. L’intervento «leggero e a basso costo», come lo definisce Giuseppe Liotta dell’Università di Tor Vergata, consente di ridurre del 10% i costi della degenza e del 40% i ricoveri in Rsa, «con un prezzo annuo a persona di appena 79 euro», cioè 30 centesimi al giorno. Dalla sua entrata a regime, inoltre, si stima abbia fatto risparmiare alla Regione Lazio 600mila euro l’anno. Un modello esportabile, quindi, ancor più perché al benessere emotivo aggiunge la possibilità di far economia, riallocando le risorse, ancor più essenziale in un sistema regionale sottoposto a piano di rientro. È una prova di welfare sostenibile, che «favorisce la prevenzione di problematiche dovute al cambiamento demografico», conclude lo studioso e senatore di Scelta civica Gianpiero Dalla Zuanna, attraverso un approccio di rete sociale e di «convivenza tra le generazioni in una città» che guarda avanti e non indietro.