Giorgio Orsoni ha presentato le dimissioni da sindaco di Venezia dopo essere finito agli arresti domiciliari nell'ambito di un'inchiesta della procura cittadina su una presunta corruzione nei lavori per la costruzione del Mose, il sistema di dighe mobili che dovrebbe difendere Venezia dall'acqua alta.
Lo ha annunciato lo stesso Orsoni nel corso di una conferenza stampa nella sede del Comune da dove ieri, non appena tornato in libertà dopo la revoca degli arresti, aveva assunto di nuovo a tutti gli effetti la guida di Cà Farsetti (da cui era stato sospeso per decisione del Prefetto dopo l'arresto) e aveva annunciato che non si sarebbe dimesso.
Orsoni - che ha parlato di "grande amarezza" e ha ribadito "di aver sempre operato nell'interesse della città" - ha precisato che si tratta di dimissioni che non hanno effetto immediato, dato che la legge prevede un intervallo di 20 giorni che però "potrebbe essere anticipato da altri eventi".
Con un comunicato diffuso in mattinata, il Pd - uno dei principali partiti a sostenerlo nella campagna elettorale - ha chiesto a Orsoni, avvocato e docente universitario, di valutare le dimissioni.
Poco prima di rassegnare le dimissioni, il sindaco ha revocato la giunta comunale spiegando di aver "voluto dare un segnale chiaro della mia lontananza dalla politica". Orsoni ha aggiunto che la decisione "non riguarda l'operato dei singoli assessori ma vuole significare che è venuto meno quel rapporto tra la mia persona e la politica che mi ha sostenuto finora".
Come era già accaduto ieri, Orsoni non ha lesinato critiche al Pd, il principale partito a sostenerlo durante la campagna elettorale del 2010 ma da cui sono giunti anche molti attacchi in seguito al suo arresto.
"Gli eventi di questi giorni hanno fatto emergere la mia estraneità al mondo della politica a cui mi ero prestato con sincera generosità. Le reazioni ipocrite di singoli elementi mi hanno convinto che non sussitono neppure le condizioni minime per proseguire", ha detto Orsoni, leggendo la lettera con cui ha annunciato e motivato al premier nonché segretario del Pd, Matteo Renzi, le proprie dimissioni.
Nell'incontro di ieri con la stampa, dopo otto giorni trascorsi ai domiciliari nella sua abitazione sul Canal Grande, Orsoni non aveva risparmiato critiche a chi ha preso "le distanze nei miei confronti", in un apparente riferimento ad alcuni esponenti del Pd che ne hanno sottolineato la non formale appartenenza al partito subito dopo l'arresto.
Orsoni - indagato nell'inchiesta con l'accusa di finanziamento illecito a partiti relativa alla sua campagna elettorale del 2010 - ha concordato con i pm veneziani un patteggiamento a 4 mesi, su cui ora sarà chiamato a esprimersi il gup.
Dall'inchiesta della procura di Venezia è emerso un sistema illecito che per anni avrebbe visto imprenditori pagare 'stipendì a politici e autorità incaricate di vigilare sulla correttezza dei lavori, per ottenere in cambio favori o per evitare controlli.