«Chi arriva dalla città forse non si spiega perché le mucche hanno le corna». Laconico ma efficace Reinhold Messner commenta una vicenda singolare quanto tragica. Nella valle Stubaital, in Tirolo, vicino a Innsbruck, qualche giorno fa una donna è stata uccisa da una mucca lanciatasi alla carica apparentemente senza motivo. Ma la donna aveva un cane, la mucca aveva un cucciolo... E l’episodio non è neppure l’unico, non è neppure il primo sebbene sia il solo in cui la vittima ci ha rimesso la vita: al punto che la Camera di commercio del Tirolo ha dato alle stampe un decalogo con buone regole di comportamento per i vacanzieri. Il titolo è indicativo: “Un pascolo alpino non è uno zoo”. Le mucche, appunto, hanno le corna. E sanno usarle, quando vengono provocate o temono che la prole sia in pericolo.È sempre la presenza dei cuccioli che ha provocato la reazione di Daniza, l’orsa che da giorni, in Trentino, tentano invano di catturare: un cercatore di funghi si è improvvidamente avvicinato alla famigliola, scatenando le ire del plantigrado. L’uomo se l’è cavata con qualche punto e tanto spavento ma per l’orso le conseguenze potrebbero essere ben più pesanti.Come sempre la divisione impera e la polemica imperversa: sotto accusa – oltre a Daniza – anche le operazioni di ripopolamento degli orsi che vorrebbero riconsegnare gli animali all’ambiente. E l’ambiente agli animali. Già c’è chi punta il dito: una bestia selvatica è troppo pericolosa se è lasciata libera di circolare. Non basta un collare con radiofrequenza a scongiurare il pericolo. Né a garantirne il controllo, come dimostra la caccia infruttuosa di questi giorni. Che, comunque, prosegue: «L’ordinanza per la cattura di Daniza – spiegava ieri una nota della Provincia di Trento – è la più garantista in assoluto, sia nei confronti dell’orsa stessa sia di quanti, residenti o turisti, frequentano i boschi del Trentino». Né ci sono – spiega ancora la nota, redatta a commento del blitz animalista di venerdì, nel palazzo del governo provinciale – le condizioni per revocarla. È solo l’ennesimo episodio di una difficile convivenza tra civiltà e selvatichezza a conquistare l’onore delle cronache: quest’inverno furono i lupi a tenere banco e le sevizie a cui i pastori – stanchi di pagare le conseguenze della politica di ripopolamento – li sottoponevano. Più di un esemplare fu ucciso dopo l’ennesima razzia tra greggi e armenti, impiccato ed esposto in segno di protesta. Succedeva nel Frusinate, nel Parco dei Monti Simbruini, ad aprile, ma anche in Maremma, con l’uccisione di decine di lupi in un crescendo di crudeltà ed esibizionismo: era febbraio quando “Cappuccetto Rosso” – così si firmava – lasciò la testa mozzata di un lupo appesa a un palo all’ingresso di Scansano, un piccolo centro nel Grossetano. Neppure gli esemplari del parco d’Abruzzo sono stati risparmiati: in meno di due anni ne sono stati uccisi almeno 14. Gli inevitabili danni dei predatori al patrimonio zootecnico provocano reazioni comprensibili seppur eccessive, esarcebate dall’esiguità o dall’assenza totale – quando i fondi scarseggiano – degli indennizzi agli allevatori.La notizia di giornata riguarda i procioni, l’allarme arriva da Bergamo. La storia è cominciata con la liberazione di una coppia di orsetti lavatori lungo le rive dell’Adda: oggi la famigliola conta un centinaio di esemplari che vivono tra Fara, Cassano, Canonica e Vaprio che scorrazzano nelle coltivazioni e negli allevamenti di galline. I danni cominciano a essere evidenti, entro la fine di settembre partirà il piano di cattura. Come diceva Messner, a qualcuno sfugge che le mucche hanno le corna. Ma anche che i lupi vanno a caccia, gli orsi sono ungulati dal carattere poco socievole, i procioni si accoppiano spesso e volentieri. Si potrebbe continuare raccontando di linci, volpi, cinghiali, daini e stambecchi... Ha un senso – certamente – tutelare le specie in estinzione, ma ne ha altrettanto organizzare queste operazioni di ripopolamento, che inseriscono gli animali selvatici in un contesto che selvatico non è più, in un tempo e in uno spazio che li vedono perfetti alieni? Così si tutelano il Creato e le creature o si fa solo confusione? L’uomo ha il diritto di intervenire tanto pesantemente nell’ordine naturale anche se a fin di bene? «Tutelare spazi per gli animali selvatici è importante ma va fatto con sapienza e saggezza. Certi ambienti – spiega Simone Morandini, membro del Gruppo “Responsabilità per il Creato” dell’Ufficio nazionale per il lavoro e i problemi sociali della Cei – hanno le loro regole, che bisogna conoscere e rispettare. Il nostro mondo ha strutture di vita vaste e differenziate. L’ambiente è un dono di Dio per tutti, l’uomo occupa senz’altro una posizione singolare e predominante ma non è suo compito esserne padrone. Gli altri viventi hanno un loro valore, instaurare un rapporto con essi implica sempre scelte complesse». La Terra è stata drasticamente e drammaticamente trasformata, il peso specifico delle forme viventi non umane è cambiato nel corso dei secoli, il selvatico ha lasciato il posto all’ammansito. Cercare di riportare certi ecosistemi alla loro originaria ricchezza non deve però tradursi in un danno per chi da quelle zone trae sostentamento. «Chi si fa carico delle operazioni di ripopolamento di certe specie – prosegue Morandini – deve anche saper tutelare le istanze della gente che popola il territorio. Serve un serio lavoro educativo e di mediazione culturale nei confronti della popolazione in modo che la convivenza con gli animali selvatici venga vissuta per quello che è. Un modo doveroso di condividere il Creato con tutte le creature. La riflessione teologica tedesca ha introdotto per gli altri viventi il concetto di “compagni della creazione”, una creazione di cui l’uomo – conclude Morandini – è l’amministratore».
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