mercoledì 16 luglio 2014
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Milena Santerini è promotrice dell’intergruppo bipartisan sorto alla Camera sulle adozioni. Un trasferimento – il suo – nella sfera politica di un impegno nato nella società civile, come volontaria del settore adozioni della Comunità di Sant’Egidio e come docente alla Cattolica di Milano di Pedagogia interculturale. Dagli incontri che avete avuto con gli enti accreditati per le adozioni internazionali che quadro viene fuori? Non parlerei di crisi delle adozioni. La sensazione diffusa è che – tutto sommato, nonostante i numeri in calo – il sistema regga. Ma serve volontà politica per rendere più celeri e più certe procedure e rimborsi. Lei è firmataria di una delle proposte di riforma, ma anche della mozione che sostanzialmente ha visto confluire al suo interno tutte le altre presentate. La riforma a questo punto potrebbe non servire? Le adozioni in Italia vanno sostenute e migliorate, non smantellate. La discussione delle mozioni può dare una prima spinta per intervenire sui punti più urgenti, senza dover cambiare la legge. Tantopiù che ora la ripresa di piena operatività della Commissione adozioni internazionali, con la nomina della presidente Dalla Monica, permette di avere un interlocutore chiaro in grado già di offrire sul piano tecnico le risposte giuste. Ad esempio? Accelerando sui rimborsi alle famiglie fermi al 2011; intervenendo sul regime fiscale, un maggiore ricorso alla deducibilità renderebbe il sistema più efficiente e operativo. Vanno poi potenziati i servizi sociali territoriali. Oberati da una miriade di problemi di disagio e disabilità non sempre riescono a reggere il peso di una operatività dedicata alla famiglia, alla formazione e al sostegno delle coppie. Sono questi i nodi maggiori segnalati Ma non è solo un problema economico e burocratico. Assolutamente no. Il vero punto è rafforzare la cultura dell’adozione, dell’investimento sul futuro, mettendo i diritti dei bambini al centro, a fronte della cultura che avanza del figlio a tutti i costi, o – peggio – del figlio perfetto, con il ricorso all’eterologa e all’utero in affitto. Come valuta l’appello dell’Ufficio famiglia della Cei a una nuova alleanza sull’adozione? La nostra iniziativa politica va proprio in quella direzione, per contribuire a che le associazioni familiari, gli enti operativi, le istituzioni e la Cai tornino a fare sistema. Per superare i problemi burocratici, certo, ma soprattutto per rilanciare insieme una cultura dell’accoglienza. Si chiede una maggiore selezione anche degli enti. Il controllo e l’armonizzazione delle procedure sono necessari, ma attenti a teorizzare accorpamenti: il modello dei “grandi” che assorbono i piccoli penalizzerebbe proprio quegli enti, molti dei quali ispirazione cattolica, che fanno dell’adozione uno strumento in chiave sussidiaria, senza puntare ai grandi numeri, ma privilegiando altri strumenti di cooperazione e formazione volti a prevenire l’abbandono. Cresce l’età media dei genitori. E cresce in proporzione anche l’età dei bambini. Una proposta interessante chiede l’allargamento dei congedi parentali per i bimbi più grandicelli, che, paradossalmente, necessitano di un impegno maggiore dei genitori per il loro inserimento in famiglia e nella società. La mozione della Camera riguarda le adozioni internazionali, in realtà è su quelle nazionali che il problema è più grave. Anche sulle adozioni nazionali serve una nuova alleanza operativa fra famiglie, associazioni che operano sul territorio, servizi ed enti locali. Qui però c’è bisogno di strumenti ad hoc, che partano dall’istituto dell’affido avendo sempre come stella polare il benessere del minore e la continuità degli affetti. Su questi temi delicati si potrà pensare a un intervento legislativo ad hoc.
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