Tra poche settimane approderà in Consiglio provinciale a Trento il tema dell’omofobia. A distanza di due anni dalla raccolta di firme per un disegno di legge d’iniziativa popolare promosso dalle associazioni di omosessuali c’è la possibilità di arrivare ad un referendum. Per evitare la consultazione, già il 2 febbraio di quest’anno è stato presentato un disegno di legge di mediazione: il testo si propone di contrastare possibili discriminazioni negli ambienti lavorativi attribuendo ruoli specifici a livello provinciale (l’Agenzia del Lavoro e la Consigliera di parità), prevede un «osservatorio sulle discriminazioni» e «azioni di sensibilizzazione culturale» sul pluralismo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere. Su questo testo unificato ha lavorato la Commissione provinciale competente con una serie di audizioni che hanno registrato la preoccupata contrarietà di alcune sigle di area cattolica (come Movimento per la Vita, Sentinelle in piedi, Associazione Famiglie Numerose e Associazione trentina della Famiglia) che vedono «mutuato il concetto di identità di genere del ddl Scalfarotto». Meno critica la posizione del Forum provinciale delle associazioni famigliari che ha apprezzato il fatto che «il testo attuale abbia tolto il riferimento al pluralismo dell’orientamento sessuale» e ha proposto alcune modifiche come «la promozione di campagne informative che coinvolgano la pluralità delle associazioni rappresentative delle diverse posizioni sull’argomento». Anche l’arcivescovo di Trento, monsignor Luigi Bressan, in vista del dibattito in aula è intervenuto il 28 agosto scorso a titolo personale in un’intervista al settimanale diocesano Vita Trentina: «Come Diocesi non abbiamo preso una posizione, poiché non sono stati consultati né il Consiglio Pastorale, né la Commissione diocesana per la famiglia». Bressan parla di «un dibattito certamente complesso», anche perché con termini generici si uniscono sotto una sola parola atteggiamenti diversi e osserva che lo stesso concetto di discriminazione è, in campo del diritto internazionale, molto complesso: «Basta vedere le varie sentenze della Corte europea». Ma, premesse e distinzioni a parte, l’arcivescovo si dice convinto che «il nostro Trentino abbia problemi ben più urgenti e che interessano quasi tutti i cittadini» e vede una «bella confusione» rispetto alla sovrapposizione fra competenze provinciali e statali in campo educativo, specialmente perché la famiglia viene completamente tagliata fuori come luogo di formazione: «Una grave lacuna nel progetto di legge – osserva ancora Bressan – è certamente l’assenza di una garanzia per la libertà di chi nella vita quotidiana, per motivi religiosi o filosofici, dissente dalle impostazioni proposte dalla legge. Al riguardo negli Usa finora si è sempre stati attenti a garantire questa libertà; e sono contrari alla 'ideologia del genere' (gender) non solo i cattolici, ma ancor più gli ortodossi e vari altri gruppi religiosi». Secondo Bressan «il progetto non è comunque, nemmeno nella versione finale, un testo che unisce, ma divide» e aggiunge: «La maggiore criticità è che la Provincia Autonoma di Trento appare abbracciare la “ideologia del genere”, cioè il diritto di scegliersi a quale genere appartenere ». Bressan esprime infine l’auspicio che lo Spirito Santo illumini gli ammini-stratori locali «nell’esaminare o rigettare o modificare il progetto, con quel buon senso che caratterizza i trentini e con quell’attenzione alla famiglia che resta, lo si voglia o meno, la base della società e del suo futuro».