Emergenza mense finita almeno fino a metà estate. Conferma quanto già annunciato ad
Avvenire il vice ministro delle Politiche agricole Andrea Olivero, che ha sbloccato in due rate i dieci milioni di euro necessari a fronteggiare l’esaurimento delle scorte alimentari nelle mense della carità italiane che nutrono quattro milioni di indigenti direttamente o con pacchi viveri. Nei mesi scorsi, infatti, dopo il cambio di destinazione dei fondi europei per l’alimentazione dei poveri, passati per direttiva Ue dai ministeri dell’alimentazione a quelli delle politiche sociali, la burocrazia aveva chiuso i rubinetti mettendo in ginocchio gli enti caritativi, come denunciato da Banco alimentare, Caritas e dalla San Vincenzo. La Caritas italiana dieci giorni fa aveva annunciato un contributo straordinario per far fronte alla crisi. Ora arriva l’atteso passo del governo a dare respiro.«Il ministero delle Politiche agricole – annuncia l’ex presidente delle Acli – ha già ricevuto dal Tesoro la prima tranche di 1,5 milioni di euro che ha girato all’Agea, l’agenzia governativa che gestisce le erogazioni agricole, per l’acquisizione dei beni da distribuire. Entro l’inizio della prossima settimana ci saranno tutti i dieci milioni necessari per porre fine all’emergenza. I bandi Agea sono veloci, entro un mese saranno utilizzati». Secondo il Banco alimentare due milioni di persone rischiano di non avere assistenza alimentare da qui all’estate. Poiché i nuovi fondi Ue – 75 milioni di euro – saranno disponibili entro l’estate, c’è, però, il rischio che l’emergenza fame si ripresenti tra tre mesi.«Con il ministero del Welfare abbiamo istituito un tavolo operativo – assicura Olivero – che ha proprio l’obiettivo di evitare un altro allarme nelle mense di carità. Stiamo accelerando le procedure burocratiche per far arrivare i fondi, che saranno gestiti dal ministero del Welfare insieme all’Agea che risponde al nostro ministero». Per il futuro, Olivero vuole rafforzare la soluzione del problema della fame in Italia con un progetto complesso che giri alle mense anche le eccedenze della grande distribuzione e della produzione agricola, soprattutto il comparto del “fresco”.Se gli italiani a causa della crisi hanno ridotto gli sprechi alimentari, secondo i recenti dati del centro studi Waste watcher, quel che si butta nel Belpaese vale 8,7 miliardi di euro, pari allo 0,57% del Pil nazionale. E se il 42% di tutti gli sprechi avviene tra le mura di casa, Olivero intende aggredire il 39% che si perde nel corso della produzione industriale degli alimenti e nella distribuzione.«Allo spreco alimentare – afferma – finora è stata data valenza ambientale ed economica. Giusto, ma non si può ignorare l’importanza sociale. Il ministero delle politiche agricole ha anche il compito di occuparsi dell’alimentazione. Visti i numerosi vincoli, i poveri che vanno nelle mense non mangiano prodotti freschi. Perciò farò partire ai primi di giugno un tavolo operativo con produttori, grande distribuzione e terzo settore. Lo scopo è snellire le procedure far partire in autunno un progetto sperimentale per il riutilizzo alimentare del fresco invenduto nei campi e nei supermercati».Gli ostacoli da rimuovere, secondo il viceministro, sono molti. «Ad esempio oggi un marchio della distribuzione che intende fare una donazione deve dare all’ufficio Iva una stima del suo invenduto. Ma come è possibile sapere in anticipo quanto non si venderà? Altro vincolo assurdo, stavolta sanitario, è l’impossibilità di riutilizzare il pane del giorno prima». Se questi lacci possono essere rimossi dal governo, resta un ultimo nodo da sciogliere: «Le donazioni vanno incentivate con lo strumento fiscale. Se un supermercato dona l’invenduto commestibile nelle mense, ad esempio, non lo porta in discarica e quindi lo stato dovrebbe agevolarlo».