martedì 9 settembre 2014
Diffusi i risultati del Rapporto Ocse. Tra le (poche) note positive, l’aumento dei laureati.
EDITORIALE Ciò che più serve alla Scuola italiana di Luigino Bruni
IL VIDEO Il primo giorno di scuoa (Romano Siciliani)
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Se anche la scuola e l’università non sono più percepite dagli studenti e dalle loro famiglie come un mezzo per entrare, con maggiori probabilità di successo, nel mercato del lavoro, allora il problema del mancato raccordo tra istruzione e occupazione è persino più grave di come è stato finora rappresentato. È questa la conclusione cui sono giunti gli analisti dell’Ocse, che ieri, in collaborazione con l’associazione Treellle, hanno presentato l’annuale rapporto “Uno sguardo sull’educazione”, che mette a confronto i sistemi di istruzione di 34 Paesi membri dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Proprio questa mancanza di fiducia spinge tanti giovani ad abbandonare la scuola. Nel 2012 (anno di riferimento dell’indagine), il 32% dei giovani tra i 20 e i 24 anni era inserito tra i Neet, coloro cioè che non lavorano e non studiano, una percentuale di 9,5 punti più alta rispetto al 2008. Di contro, nei Paesi Bassi l’incidenza dei Neet sulla popolazione 20-24 anni è del 7% e dell’11% in Austria e Germania. Allo stesso modo, i 18enni che si sono iscritti all’università sono calati, passando dal 51% del 2008 al 47% del 2012, rispetto a una media Ocse del 58%. Ciò nonostante, tra il 2000 e il 2012 l’Italia ha registrato un significativo incremento dei livelli d’istruzione. In particolare, la percentuale dei laureati tra i 25 e i 34 anni è raddoppiata, passando dall’11% al 22%, grazie soprattutto all’apporto delle donne, che rappresentano il 62% dei nuovi laureati. Questo risultato non è però servito a schiodare l’Italia dalla coda della classifica dei Paesi industrializzati. Per tasso di laureati, ci collochiamo ancora al 34° posto su 37 Stati considerati. E non basta. Il livello di competenze raggiunto dai laureati italiani e pressoché identico a quello dei diplomati di altri Paesi. Per esempio, il punteggio medio in matematica dei nostri “dottori” è di 289 punti, lo stesso dei diplomati finlandesi (292 punti), del Giappone e dei Paesi Bassi (286 punti).Anche l’edizione 2014 del Rapporto Ocse, conferma poi che tra i principali problemi della scuola c’è l’età media elevata degli insegnanti. Se nel 2002 il 48% dei docenti delle superiori aveva più di 50 anni, nel 2012 si è arrivati al 62%. E questo, osservano gli esperti, a causa del blocco del turn over. A un aumento dell’età è corrisposta una diminuzione degli stipendi, calati in media del 4,5% tra il 2005 e il 2012.«Il Rapporto del governo “La buona scuola” – ha commentato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini – offre risposte concrete ai dati diffusi dall’Ocse. Abbiamo deciso di invertire la rotta, mettendo la scuola, la buona scuola, al centro della nostra azione. Il rafforzamento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro e l’arricchimento delle competenze dei nostri ragazzi sono la nostra priorità». Per quanto riguarda i docenti troppo anziani, ha proseguito il ministro, «il nostro piano abolisce il precariato e immette nella scuola insegnanti che hanno in media 40 anni, aprendo le porte ai giovani neo abilitati con assunzioni per concorso».
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