Roberto Occhiuto
Per Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, «c’è una strana ipocrisia nel dibattito politico odierno sulle migrazioni. Chiediamo giustamente all’Europa di essere più solidale e responsabile, poi però ci tiriamo indietro quando ci vengono chiesti impegni, sia pur di tipo emergenziale». Il governatore di Forza Italia ha già detto che «non si opporrà» all’eventuale richiesta di aprire un Centro per il rimpatrio nella sua regione, eppure è consapevole che è necessaria anche una “fase 2” nella gestione dei flussi migratori. «Certo che serve un modello strutturato all’insegna dell’integrazione… per un Paese di 60 milioni di abitanti come l’Italia, 150-180mila arrivi in un anno non possono rappresentare sempre un problema».
Quali proposte si possono mettere in campo?
Ho incontrato la Comunità di Sant’Egidio dopo la strage di Cutro, per poter toccare con mano cosa si può fare concretamente nel coinvolgimento di famiglie e cittadini sul versante dell’accoglienza. Ho proposto ad esempio di riconsiderare le norme sull’affido per garantire percorsi di tutela e accompagnamento ai minori stranieri non accompagnati sotto i 14 anni. Poi con Ance, l’Associazione dei costruttori, abbiamo deciso di formare e dare un lavoro agli immigrati del nostro territorio, visto che nell’edilizia mancano diversi occupati.
Perché invece a livello nazionale sembra prevalere un approccio esclusivamente repressivo?
Perché il sistema pensato prima non ha saputo gestire arrivi e prese in carico sul territorio. La responsabilità non è certo ascrivibile a un governo in carica da appena 11 mesi. In questo senso, i Cpr rappresentano una soluzione emergenziale, in ogni caso obbligata in questo momento.
A dir la verità, la scelta di mandare i richiedenti asilo nei Cas, i grandi centri prefettizi, è di questo governo, non di altri. Non crede che l’accoglienza diffusa che oggi si è ridotta possa rappresentare invece una soluzione?
L’accoglienza diffusa non deve essere un affare e, se non ci fossero le grandi strutture, i migranti resterebbero comunque qui, da irregolari. Semmai, occorre spingere sempre di più sugli accordi bilaterali tra i singoli Paesi e chiedere una maggiore assunzione di responsabilità nel governo dei flussi da parte dell’Europa. Sarebbe intellettualmente disonesto non riconoscere che Meloni non si sia spesa su entrambi questi fronti.
Cosa pensa della missione militare nel Mediterraneo annunciata per rimandare indietro i profughi? Assomiglia più a un blocco navale che a una nuova “Mare Nostrum”…
Fa bene l’esecutivo a pensare di iniziare ad arginare i flussi, ma nel contempo penso che tocchi a Bruxelles riorganizzare una missione per salvare i migranti che si spostano in mare, ricollocandoli immediatamente nei vari Paesi una volta toccata terra. “Mare Nostrum” purtroppo divenne in fretta un alibi per gli scafisti che abbandonavano le persone al loro destino, convinti che tanto li avremmo salvati noi… Ripeto: se l’Europa vuole tornare a essere un’unione di popoli deve fare su questo tema molti passi in avanti, diventando un centro decisionale in grado di superare gli egoismi nazionali.
Cosa può fare invece la Calabria?
Guardi, sono orgoglioso di guidare una regione che si è sempre mostrata solidale. Dopo il dramma di Cutro, dissi che il Mediterraneo non poteva essere un cimitero. Lo penso ancora e posso citare esempi virtuosi come quello di Roccella Jonica che da anni dimostra concretamente, con la propria popolazione e la propria amministrazione comunale, cosa vuol dire accogliere. I cittadini calabresi non si ritengono proprietari esclusivi del loro territorio. Per questo vogliamo continuare ad aiutare chi scappa da guerra e fame.