Nei campi il lavoro nero irregolare continua a dilagare. Nei primi sei mesi del 2014 raggiunge un'incidenza sul totale del 32%, quasi il 5% in più rispetto al
2011 e lo 0,3% rispetto allo scorso anno. Una piaga sociale
oltre che economica, che crea
un esercito di nuovi schiavi che
lavorano per 20 euro al giorno nei campi di raccolta di tutta
Italia. È l'allarme lanciato
dall'indagine "#Sottoterra
Eurispes-Uila", presentata oggi al Congresso del sindacato
alimentare, secondo la quale questo fenomeno è una reazione al
perdurare della crisi, una sorta di "immersione da
sopravvivenza", che potrà essere recuperata solo con una
riduzione della pressione fiscale e con nuove politiche del
lavoro.
Una piaga che colpisce per lo più i lavoratori stranieri, che
vivono spesso in veri e propri ghetti, con paghe al di sotto di
quanto previsto dai contratti nazionali.
C'è chi riceve 1,60
euro l'ora, un quinto del minimo sindacale; chi 1,90 euro l'ora
dalle 5 della sera alle 5 del mattino e chi ancora 35 euro al
giorno per raccogliere le ciliegie. Quanto alla
mappa
dell'irregolarità nei campi, al primo posto il Sud, con Campania
e Calabria in testa: esemplare il caso Puglia, dove nel 2013 è
risultata in nero la metà dei lavoratori delle aziende
sottoposte ad ispezione.
"Non possiamo permetterci di presentarci ad Expo con
un'agricoltura di qualità che ha oltre il 30% di lavoro nero o
irregolare", ha detto il segretario generale della Uila,
Stefano Mantegazza, "un dato che impegna sindacato e imprese a
cambiare le regole del gioco e governo e parlamento a
trasformare in legge la proposta di Fai-Cisl, Flai-Cgil e
Uila-Uil di realizzare una rete del lavoro agricolo per
gestire in trasparenza l'incontro domanda-offerta e incentivare
le imprese virtuose". Il progetto, che punta a contrastare
l'intermediazione illecita e l'impiego illegale della
manodopera, è un disegno di legge presentato in Commissione Agricoltura.