Gli oratori italiani si apprestano a vivere una stagione di rilancio. E non poteva essere diversamente, in un decennio come quello attuale in cui la Chiesa italiana ha deciso di puntare sull’educazione. Da sempre, infatti, queste strutture sono ritenute capisaldi dell’azione educativa della comunità ecclesiale. Educazione alla fede, certo, ma anche in vista dello sviluppo di personalità adulte e capaci di assumere il proprio posto e le proprie responsabilità all’interno della compagine sociale. Il rilancio e l’ammodernamento passa anche attraverso un accordo tra circa 60 diocesi e l’Istituto per il Credito Sportivo, finalizzato al finanziamento degli interventi sul territorio: costruzione di nuovi impianti e la riqualificazione di quelli esistenti. Il tutto, però, sottoposto all’esistenza di un vero e proprio progetto educativo.«L’idea di fondo – spiega don Mario Lusek, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, che collabora nell’elaborazione dei progetti educativi sottesi alla realizzazione degli impianti – è accompagnare l’ente ecclesiastico (parrocchia o istituto religioso) che vuole avviare un progetto relativo agli spazi sportivi, offrendo non solo un servizio di consulenza progettistica, ma anche gli strumenti per qualificare e integrare le competenze formative già presenti in ogni parrocchia, con la creazione di figure educative e organizzative di nuova generazione». Don Lusek mette l’accento proprio sul «progetto educativo». Un progetto, spiega, che deve «integrare lo specifico cristiano con le esigenze sociali e culturali di un territorio; gestire gli spazi e le attività parrocchiali con competenza e organizzazione più dinamiche». In sostanza, aggiunge il direttore dell’Ufficio Cei, «un progetto che sia fondato sulla persona, ispirato da principi educativi cristiani, aperto alle culture della modernità, differenziato nei servizi, guidato da un responsabile solido e maturo, sostenuto da competenti animatori, aggiornato nella formazione, disposto al dialogo con le istituzioni e con il territorio».Alla base dell’accordo c’è, infatti, la convinzione che anche nella società di inizio del terzo millennio l’oratorio conservi intatte le sue potenzialità di strumento educativo. «I vescovi lo dicono chiaramente negli orientamenti pastorali del decennio – ricorda don Lusek – individuando proprio negli oratori le caratteristiche di luoghi idonei a condurre i ragazzi a una sintesi armoniosa tra fede e vita». Inoltre attraverso strumenti come lo sport, l’aggregazione, la musica, il teatro, il gioco e lo studio il documento della Cei indica negli stessi oratori i mezzi giusti per allacciare alleanze con le altre agenzie educative. A mio avviso l’oratorio offre al mondo dei giovani una sorta di ottimismo educativo».Il sacerdote di origine marchigiana mette in luce anche l’importanza che questo accordo avrà per il mondo sportivo. «Le nostre comunità – fa notare – possono contribuire ad una nuova cultura dello sport, specie in un momento in cui essa è spesso segnata, dominata e inquinata dal virtuale, dall’apparenza, dal sensazionale, dalla finzione, dal doping che porta all’alterazione di un organismo di per sé sano, dalla competizione continua e dal denaro facile». Lo sport in oratorio, ricorda don Lusek, «può offrire allora idee solide, principi cristallini, linguaggi vigilati, esemplarità. È attraverso l’educazione e la cultura – conclude – che si cambiano comportamenti, linguaggi, attese e programmi. Anche nello sport».