Patrizia Rodi Morabito nella sua azienda agricola, in Calabria - undefined
Secondo incendio in appena due settimane all’azienda agricola di Patrizia Rodi Morabito, imprenditrice di Rosarno, vicepresidente della Camera di Commercio di Reggio Calabria, dirigente di Coldiretti e membro del Servizio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. È la quarta intimidazione in soli quattro mesi all’azienda di famiglia “Tenuta Badia-Rodi” che coltiva soprattutto ulivi, agrumi e kiwi in biologico.
Lo scorso 5 marzo le sono state tagliate e incendiate alcune piante secolari di ulivo. Il 16 marzo ignoti hanno abbandonato rifiuti di ogni genere davanti al cancello dell’azienda, mentre altri rifiuti sono stati lasciati all’interno del terreno. E nella stessa tenuta hanno divelto una sbarra di accesso. Uno sfregio commesso il giorno dopo la visita del prefetto di Reggio Calabria, Clara Vaccaro, e del presidente della Camera di commercio, Antonio Tramontana, un gesto di solidarietà e attenzione nei confronti dell’imprenditrice. Quindici giorni fa proprio dai rifiuti è partito l’incendio che ha danneggiato l’impianto irriguo e quattro ettari coltivati a kiwi. Ieri altre fiamme, questa volta partite non dalla strada ma all’interno dell’azienda, in un luogo simbolico, dove nel 2000 erano stati incendiati dei capannoni i cui scheletri anneriti sono ancora lì perché, dice l’imprenditrice, «si veda bene cosa fanno». Proprio da lì le fiamme hanno poi raggiunto l’uliveto, facilitate dall’erba alta che non viene tagliata perché si tratta di coltura biologica con norme molto severe. Poco prima delle 10 si è così alzato un denso fumo nero, ben visibile da lontano. Per fortuna sono arrivati rapidamente sia i carabinieri sia i Vigili del fuoco, limitando i danni.
Ma il messaggio è ben chiaro, come sottolinea anche il vescovo, monsignor Giuseppe Alberti, che ha chiamato l’imprenditrice. «Evidentemente vogliono che lei se ne vada, che abbandoni – ha dichiarato il presule –. Vogliono impossessarsi della sua azienda per i propri interessi. Per questo dobbiamo tutti sostenerla, esserle vicino, contribuire al suo impegno. Non è sola e non sarà sola». Profondamente credente, Patrizia Rodi Morabito ha accettato l’invito del vescovo a contribuire alla crescita della Diocesi, come membro del Servizio per la pastorale sociale e del lavoro. Così ha partecipato alla recente Settimana sociale dei cattolici, svoltasi a Trieste, portando la sua esperienza di imprenditrice calabrese. «Ho incontrato una Chiesa in cammino, attiva, piena di iniziative. Sono tornata sentendo la responsabilità di mettermi in gioco», riflette. E per questo, torna a ripetere, «io da qui non me ne vado, questa è la mia terra e qui devo restare. Per difendere il Creato e per dare lavoro vero e giusto ai giovani che purtroppo se ne devono andare». Ma anche, come già ha fatto, facendo della sua azienda un “laboratorio” sulla salvaguardia del Creato, la legalità, la giustizia sociale.
Il suo è un richiamo anche ad altri, al “noi”. «Il cuore della democrazia lo ritroveremo insieme laddove si è persa la via, lo cercheremo nei luoghi dove è in affanno, dove è stato coperto da detriti sociali, non più rimanendo un passo indietro agli eroi solitari, ma in una comunità che nel quotidiano, in un difficile passaggio dall’io al noi, riscopra i gesti semplici di ognuno, restituendo ad ogni momento, ad ogni persona, la sua dignità, la sua forza, riconosciute e sostenute dalle parole che esprimono i principi della nostra Costituzione». C’è molta attenzione degli inquirenti alla sua vicenda. Anche perché i terreni dell’azienda agricola sono in una posizione strategica che domina lo svincolo autostradale per Rosarno, a pochi chilometri sia dalla cittadina sia dal porto di Gioia Tauro. Un’area sicuramente interessante per gli affari della ‘ndrangheta.