Contro la mafia c’è bisogno di “segni forti”, ha ammonito l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, Salvatore Nunnari, ospite della Commissione contro il fenomeno della mafia del Consiglio regionale calabrese. Il presule è stato invitato a parlare ai consiglieri dopo che la sua lettera pastorale rivolta agli uomini di mafia ha scosso le coscienze, aprendo in Calabria un intenso dibattito. «Le scuole, le università, il mondo del lavoro e quello del’impresa, le organizzazioni del volontariato, la Chiesa, la magistratura, le forze di polizia, le istituzioni locali e la politica devono allearsi per non dare più alcuna linfa a chi degrada il volto della nostra Regione» ha spiegato il presidente della Commissione, Salvatore Magarò, nel presentare l’appuntamento con Nunnari. Nel suo scritto l’arcivescovo aveva condannato «l’arroganza del potere, la spregiudicatezza del possedere, l’animosità che acceca» e «l’assoluta mancanza di rispetto per la vita e la dignità umana» da parte dei componenti delle organizzazioni criminali, lanciando però anche un appello ad aprire il cuore «al messaggio eterno del Vangelo che è annuncio di liberazione e di salvezza»: «sono un uomo di speranza che nutre fiducia nell’immensa Misericordia di Dio, mai stanco di amore e di incrociare, magari attendendo, l’essere umano sulle vie tortuose della sua esistenza» si legge nel testo diffuso l’8 settembre, giorno in cui Cosenza festeggia la sua patrona, la Madonna del Pilerio. Un messaggio che, a Reggio Calabria nell’aula di Palazzo Campanella, sede dell’assemblea regionale, l’arcivescovo ha ribadito, annunciando di essere pronto a ripeterlo nelle carceri. Comincerà da Cosenza, poi andrà a Paola e a Reggio, città natale del presule: «Voglio portare il mio appello ai detenuti, voglio dir loro guardandoli negli occhi che sono anche loro uomini e che quindi il male non può essere l’assoluto nella loro vita». Ma in uno dei luoghi simbolo della politica calabrese, l’arcivescovo ha rivolto un passaggio significativo anche agli uomini delle istituzioni locali: «In Calabria – ha affermato – c’è bisogno di segni forti, meno conferenze sulla legalità e più comportamenti coerenti. Occorre – ha aggiunto Nunnari – un’autentica rivoluzione culturale, la politica va rinnovata: dalla Regione, dalle Province, dai Comuni devono arrivare segni credibili». E credibilità Nunnari è tornato a chiederla anche a tutta la comunità ecclesiale. Ha rievocato la sua esperienza di parroco a Reggio Calabria, quando un commerciante gli riferì che un comitato per i festeggiamenti patronali «di cui facevano parte molti esponenti della ’ndrangheta» aveva preteso cinque milioni di lire: «La nostra risposta – ha raccontato Nunnari – fu la sospensione della festa». E se la Chiesa deve ribadire la sua fermezza nel tenere fuori i mafiosi dai riti sacri, alla gente dei clan l’arcivescovo di Cosenza ripropone il monito espresso nella sua lettera pastorale: «Basta con la strumentalizzazione della devozione alla Madonna e ai Santi a cui solo cuori purificati e semplici possono accostarsi».