La strada della riforma Nordio è lunga e probabilmente lastricata di insidie, come quella della maggior parte dei disegni di legge costituzionale. A ben vedere, la separazione delle carriere, in sé, è una novità relativa, se consideriamo il rigido assetto già dato alle funzioni dei magistrati dalla riforma Cartabia: attualmente, infatti, si può passare da requirente a giudicante e viceversa una sola volta e soltanto nei primi 10 anni dall’assegnazione alla prima sede. Conseguente alla separazione, poi, è la scelta di creare due Consigli superiori della magistratura. Autentiche innovazioni, invece, sono il sorteggio “integrale” (anche per i membri laici, non solo per quelli togati, fatti salvi i tre “di diritto”) dei consiglieri degli stessi Csm e la realizzazione di un’Alta Corte per gli illeciti disciplinari, anch’essa composta quasi interamente per sorteggio e funzionante da giudice di prima e di seconda istanza.
Un’idea, quella dell’Alta Corte, già presente in progetti di riforma firmati da uomini del centrosinistra (Boato, Violante) e in quello Alfano del 2011. In buona parte sovrapponibile, quest’ultimo, al testo Nordio, in cui comunque l’unicità della giurisdizione è esplicitata, così come l’autonomia e l’indipendenza di tutti i magistrati. Ma a prescindere dalle valutazioni di merito, bisognerà vedere quanta strada farà effettivamente questo ddl costituzionale. Il primo passo è stato mosso a ridosso delle elezioni europee, per la gioia soprattutto di Forza Italia, che nella separazione delle carriere dei magistrati ha uno dei suoi storici cavalli di battaglia. Ma prima bisognerà portare in fondo il premierato, che Fdi e Giorgia Meloni ritengono fondamentale, e l’autonomia regionale differenziata, bandiera della Lega.