Se i prodotti agricoli campani sono buoni, non possiamo che tirare un respiro di sollievo; se ottimi abbiamo raggiunto la felicità piena. A me pare che troppa confusione si stia facendo a riguardo. Sapevamo fin dall’inizio di questo nostro impegno che la situazione era difficile e complicata. Avevamo messo in conto che gli interessi economici erano tanti. Sapevamo che per metterci a tacere ci avrebbero tacciati di "allarmismo". Lo scempio dei nostri territori, però, era talmente grave che tutto è passato in secondo ordine. Siamo partiti, un piccolo gruppo di persone di buona volontà, armati di macchine fotografiche e telecamere. Ci siamo dati da fare non per organizzare la rivoluzione contro lo Stato. Siamo scesi in campo per chiedere aiuto allo Stato. Per richiamare chi di dovere alle sue responsabilità. Questi due anni di lavoro hanno fatto venire a galla inefficienze, negligenze, collusioni da parte di tante persone pagate per organizzare la tutela del territorio e resesi colpevoli per non averlo fatto.A noi interessa che questo nostro popolo riprenda a vivere con dignità. Il dramma che denunciamo è articolato e complesso: non tocca solamente il mondo dell’agricoltura o quello della sanità, riguarda il vivere civile di un’intera regione. Ci si dovrebbe chiedere se in Italia sia legale coltivare sui terreni inquinati, al di là di ogni possibile contagio. Se, riguardo all’aumento di patologie tumorali, ancora non ci sono studi adeguati per dire quanto l’ambiente avvelenato ha influito sull’organismo, logica vuole che si ricorra al principio di precauzione.La gente semplice non pretende di parlare in modo scientifico, però si accorge di ammalarsi troppo. Finché non ci sarà una mappa seria dei luoghi inquinati, negare o amplificare l’avvelenamento dei prodotti è una bugia. Invocare di volta in volta – secondo le proprie convinzioni e interessi – scuole di pensiero diverse tra di loro, non serve. Mi rendo conto che il lavoro dei Comitati sorti sul territorio, la voce dei vescovi campani, testimoni diretti e seriamente preoccupati, può dar fastidio a chi si sente chiamato in causa per la propria negligenza. Capisco, ma non mi importa. A me interessa riportare in vita questo territorio. I nostri comitati in questi mesi hanno lavorato per inviare in Parlamento le proposte per migliorare il dl sulla Terra dei fuochi. Il dramma ambientale che viviamo in Campania ha fatto venire a galla un sistema industriale che non può più tenersi in piedi. In campagna bruciano gli scarti di ciò che viene prodotto in regime di evasione fiscale. Vengono interrati rifiuti industriali per poter risparmiare sul costo finale del prodotto. Perciò non basta arrestare il delinquente che appicca il fuoco ai roghi.Ecco le domande ineludibili: cosa sta bruciando? Chi lo ha consegnato a questi delinquenti? Da dove vengono le scorie? Perché non si è provveduto a smaltire legalmente? Si risale la filiera e si arriva ai veri colpevoli da assicurare alla giustizia. E qui casca un altro asino. Una volta preso il criminale, che ne facciamo? C’è il rischio di rimandarlo a casa per avvenuta prescrizione, visti gli anni che ci vogliono per celebrare un processo. Ecco l’urgenza di pensare seriamente al reato ambientale dove non può essere prevista prescrizione alcuna. Non mi piacciono i tentativi messi in campo da varie parti di sminuire il lavoro fatto finora. Alla nostra gente servono risposte chiare e precise. Non vediamo l’ora in cui ci si dica: «Questo cibo è ottimo, potete mangiarlo». E ancora: «Su questo terreno malsano ci seminiamo la canna da fosso». Finora non è stato inibito all’agricoltura nemmeno un ettaro di terreno, per cui le varie dichiarazioni lasciano il tempo che trovano e confondono ancora di più. Chiediamo al governo di tenere presente il lavoro fatto dai nostri professionisti volontari per migliorare il dl sulla Terra dei fuochi come promesso da ministri e parlamentari. Allora si potrà finalmente che qualcosa di bello sta avvenendo perché la Campania risorga dalla sciagura in cui è stata gettata.