Per mesi hanno cercato di dare un nome a tre lettere: EEM. C’era quella sigla dietro a 550 centraloni informatici che offrivano un approdo anonimo e sicuro a decine di migliaia di siti internet pedopornografici. Un giro d’affari milionario che sulle prime aveva convinto gli agenti americani dell’Fbi che dietro a quel marchio si nascondesse una multinazionale del web sommerso. Grazie alla EEM si potevano ottenere video o foto che materializzassero le più indicibili depravazioni. Bambini seviziati, derisi, torturati, violentati, uccisi a mani nude, finiti senza alcuna pietà. Un campionario degli orrori che sembrava impossibile fermare. Dopo mesi di lavoro gli sceriffi del web hanno scoperto che EEM sta per Eric Eoin Marques, insospettabile studente irlandese di origini brasiliane. Dalla sua camera nell’appartamento dei genitori gestiva un giro d’affari colossale, la cui portata non è ancora stata calcolata. Il denaro, milioni di dollari guadagnati per affittare un “parcheggio” poco in vista alle organizzazioni pedofile, non è stato trovato. L’Fbi lo ha definito «il più grande facilitatore di pornografia infantile sul pianeta». Dopo l’arresto a Dublinio alla fine dello scorso anno gli Usa sperano di poterne ottenere l’estradizione. Marques era ricercato per quattro capi d’imputazione legati al business della pornografia infantile. Rischia fino a un secolo di anni di carcere. Secondo i suoi legali il 28enne con doppia nazionalità, irlandese e statunitense, era consapevole di quali contenuti ospitassero i suoi server, sebbene il ragazzo neghi di essere mai stato a conoscenza di come gli utenti utilizzassero i suoi servizi informatici. La piattaforma su cui ospitava ogni genere di contenuto vietato si chiamava “Freedom Hosting”. Quando è stata chiusa gli agenti già sapevano che i pedofili si sarebbero spostati da qualche altra parte. Una previsione fin troppo facile. Dall’arresto di EEM nel web sommerso l’offerta di immagini ed “esperienze” non è affatto diminuita. Negli ultimi giorni al compartimento della Polizia Postale della Sicilia Orientale sono arrivate decine di nuove segnalazioni. Le ha raccolte Meter, l’associazione antipedofilia di don Fortunato di Noto che adesso lancia l’allarme “infantofilia”. «Vengono richiesti contenuti con bambini di pochi mesi di vita. I più indifesi tra gli indifesi», denuncia il sacerdote siciliano. Le richieste dei webpedofili sono irriferibili. Ma vengono accontentati quasi sempre. Che ne è dei bambini resta l’interrogativo a cui gli inquirenti vogliono rispondere. E per trovare i le vittime bisogna stanare gli aguzzini. Gli investigatori italiani ci stanno provando. E per la prima volta da quando il “deep web” è accessibile a tutti sono state identificate in totale 15 persone che avevano creato una rete nascosta per lo scambio di foto e video. Stavolta le indagini condotte tra livelli e sottolivelli della rete nascosta hanno fatto scoprire tre bambini italiani, vittime di abusi sessuali e ritratti in immagini e video. Dieci le persone arrestate nei giorni scorsi: tutti italiani di livello socio economico medio, nessuno svolgeva attività a contatto coi minori. «L’operazione - ha spiegato Carlo Solimene, direttore divisione investigativa polizia postale – per la prima volta ha acceso un faro sul “deep web” attraverso nuove tecniche investigative con le quali saremo in grado di identificare tutti i soggetti che si scambiano file sul “darknet”, la rete oscura ».