venerdì 12 gennaio 2024
In Sardegna pareva vicino il passo indietro del governatore uscente, poi il colpo di scena. Il presidente, forte dell'appoggio leghista, per ora va avanti: non c'è un candidato unitario
Il governatore Christian Solinas all'ingresso della sede del Partito sardo d'Azione.

Il governatore Christian Solinas all'ingresso della sede del Partito sardo d'Azione. - ANSA

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Nessun passo indietro, come per lunghe ore si era pensato venerdì. Christian Solinas resta in corsa come candidato per la Sardegna e non si sblocca lo stallo nel centrodestra, con il braccio di ferro fra Fdi e Lega che continua a rallentare le strategie di coalizione in vista delle Regionali. Non manca chi prospetta una soluzione nei prossimi giorni, ma intanto il ripensamento del governatore uscente (sulla cui conferma fin qui Matteo Salvini e i leghisti sono stati irremovibili), che nel pomeriggio sembrava diventare un'ipotesi sempre più concreta, è stato smentito dalla nota con cui si è conclusa la direzione regionale del suo Partito sardo d'Azione. «Questa coalizione non ha una candidatura alternativa e unitariamente condivisa e oggi deve presentarsi con la stessa formula politica e con la guida di Christian Solinas.- si legge -. Non esiste al momento alcuna altra candidatura condivisa unitariamente dalla coalizione, che giustifichi con motivazioni politiche un cambio».
Eppure Paolo Truzzu, il sindaco di Cagliari su cui punta invece Giorgia Meloni come nuovo governatore dell'Isola, si prepara alle prime uscite da candidato presidente in pectore nel fine settimana, sabato 13 a Quartu. Nel centrodestra, soprattutto a Roma, tutti hanno ben chiari i rischi di presentarsi alle elezioni sarde il 25 febbraio con due candidati. Le voci da Cagliari secondo cui un'eventuale ritirata di Solinas sarebbe arrivata su input di Salvini sono state liquidate in ambienti leghisti, dove si sottolinea che la giornata del segretario è stata concentrata sull'udienza del processo Open Arms a Palermo. Il nervosismo fra alleati viene malcelato, anche se chi segue da vicino la vicenda fa notare che fra domenica e lunedì vanno sì depositati i simboli, ma c'è tempo ancora fino al 24 per sciogliere il nodo sul candidato presidente.

Solo a quel punto Meloni, Salvini e Antonio Tajani potranno definire tutte le caselle delle cinque regioni al voto nel 2024. Ora come ora è tutto fermo, spiegano più fonti di maggioranza, dove però già si ragiona di una formula 2-1-1-1. Ossia a Fdi i candidati in due regioni (Truzzu in Sardegna e Marco Marsilio in Abruzzo), uno alla Lega che punta alla conferma di Donatella Tesei in Umbria, e uno a Forza Italia, ossia l'uscente Alberto Cirio in Piemonte. Resta incerta la Basilicata: gli azzurri vorrebbero che la coalizione puntasse ancora su Vito Bardi, ma dagli alleati arrivano segnali decisamente contrari e torna l'ipotesi di un candidato civico. Prima, però, serve una soluzione sul caso Sardegna. In caso di passo indietro, per Solinas e Bardi sarebbero in arrivo altre soluzioni. Dietro l'angolo ci sono anche le elezioni europee e, per il secondo in particolare, sono insistenti le voci di un possibile ruolo nel governo come sottosegretario.

Lo scenario potrebbe essere più chiaro lunedì, quando Salvini riunirà a Milano il Consiglio federale della Lega, anche per discutere dei prossimi appuntamenti elettorali. Sul tavolo ci sono anche le riflessioni sulle Europee. Il vicepremier ha già chiarito che non si candiderà in prima persona, idea che invece sta seriamente valutando Meloni, con una mossa che potrebbe trainare il risultato elettorale di FdI ma anche mettere a rischio gli equilibri nella coalizione di governo se gli alleati dovessero registrare dati deludenti. L'altra partita interna al centrodestra si gioca sul terzo mandato dei governatori. La Lega ha appena presentato una proposta di legge per inserire questa riforma, che consentirebbe la ricandidatura dei presidenti in otto regioni: Campania, Puglia, Liguria, Emilia Romagna, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Quest'ultima regione si profila come il ring di un'altra sfida fra Fdi e Lega. Meloni ha in serbo la carta Luca De Carlo per provare a succedere a Luca Zaia, che però per la Lega è «il miglior governatore d'Italia» e «deve poter continuare a lavorare». Perché succeda servirebbe appunto la norma sul terzo mandato, su cui da Fratelli d'Italia per ora non arrivano aperture, però.

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