Pensava di aver fatto un’ipotesi di scuola, di aver espresso un semplice «auspicio». Invece ieri importanti giornali stranieri avevano un titolo a caratteri cubitali: «Silvio non si ricandida nel 2013, Alfano nuovo leader del centrodestra ». E a dare nobiltà alla notizia erano testate quali il Guardian e il Wall Street Journal. Inconsapevoli - o forse sin troppo consapevoli - della baraonda che si sarebbe scatenata in Italia. Il Pdl, da tempo attraversato dalla 'guerra per la successione', è costretto a correre ai ripari e a smentire la notizia. Il portavoce di palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti, dirama una nota per assicurare che il Cavaliere non ha ancora deciso nulla per il futuro. E i capicorrente con ambizioni da leader si affannano ai microfoni per dire che «certo, Angelino è bravo, però...». Per comprendere la vicenda bisogna tornare a martedì notte. Il presidente del Consiglio partecipa ad una misteriosa cena con alcuni cronisti della stampa estera. Parla a lungo di giustizia e calcio. Ma a catalizzare l’attenzione è quel passaggio su se stesso: «Nel 2013 non penso di ricandidarmi, vedo bene Gianni Letta al Colle e Alfano candidato premier, se serve posso fare da padre nobile del centrodestra, magari essere il capolista, ma senza ruoli operativi». I giornalisti non scrivono, ma registrano tutto nella mente. E tornati a casa offrono subito la chicca ai loro giornali. In Italia la notizia monta solo ieri sera. «È incredibile – commenta il coordinatore Pdl Denis Verdini –, da quando è apparsa questa cosa ci sono arrivati tantissimi fax e mail che chiedono al presidente di restare...». È una furbata per frenare la bagarre interna? Bonaiuti, con una nota ufficiale, derubrica tutto ad «auspicio del premier». Sono smentite concordate con il Cavaliere: la confidenza fatta ai commensali - che non rispecchia al momento la sua reale intenzione - ha assunto una rilevanza globale e fuori controllo. Anche se i fedelissimi ricordano che di Alfano come erede designato si parla da tempo, e anche in pubblico. Il punto è che in questo momento la 'scivolata' rischia di innestarsi nelle fibrillazioni interne al Pdl, nella lotta tra ex An ed ex forzisti, nel braccio di ferro con un altro candidato alla leadership, Giulio Tremonti. Insomma, non sembrerebbe esserci periodo meno indicato per parlare di successione. I passi che il premier farà oggi, infatti, vanno in direzione opposta: ricom- pattare il partito, rassicurare i responsabili sul rimpasto, tenere ferma la barra sulle amministrative. Oggi a pranzo, a questo scopo, incontrerà capigruppo e coordinatori. In serata, leader e ministri di ogni provenienza politica - ma forse senza Berlusconi - si vedranno a cena per gli auguri di Pasqua. È la strada della pacificazione che deve opporsi alle mille cene riservate organizzate dalle varie correnti (ieri si sono visti in due ristoranti diversi scajoliani e fedelissimi di Matteoli). E poi, c’è da dire che la battaglia sulla giustizia non è finita con il processo breve: «Dovete capirlo – ha ribadito il premier nella stessa cena con i cronisti esteri – in Italia è dal ’92 che una parte della magistratura usa le leggi per ragioni politiche. È una guerra». Una sfogo che diventa una confessione quando ammette che le leggi in discussione alle Camere sono una sorta di «legittima difesa» contro una «persecuzione » di cui ha «paura». E contro questo «cancro» già sono pronti altri purosangue: l’«epocale» riforma costituzionale, la responsabilità civile dei giudici, le restrizioni ai poteri del Csm, le intercettazioni. I numeri per andare avanti ci sono. Ma intanto si apre il totopremier.