sabato 21 gennaio 2012
COMMENTA E CONDIVIDI
Hanno la tuta dei Vigili del Fuoco e sono solo in tre. Tagliano la folla di soccorritori, giornalisti e gigliesi passando inosservati, perché ormai, calata la sera, dopo tanto lavoro si pensa tutti alla cena e si chiacchiera davanti ai bar. Ma la piccola processione cammina compunta, conscia della propria missione, attenta a non far cadere ciò che porta tra le mani, con devozione commossa. Come con una reliquia. Uno regge un crocefisso d’oro, gli altri due un tabernacolo anch’esso d’oro, cesellato e prezioso. Prezioso perché al suo interno conserva certamente la pisside con le ostie consacrate, prezioso perché è d’oro. Prezioso, soprattutto, perché lo hanno ritrovato poco prima i sommozzatori nel cuore della nave Concordia, sott’acqua, nella chiesetta in cui tutti i giorni il cappellano di bordo, don Raffaele Malena, celebrava Messa fino a venerdì 13 gennaio, quando la nave si è per metà inabissata portando con sé vite umane, musiche, risate, saloni, ricordi... Li vediamo passare per caso e quasi non osiamo chiedere: ci sembra impossibile. Invece è proprio vero, «sono il crocefisso e il tabernacolo della nave – confermano –. È stata anche recuperata la statua della Madonna, oggi, ma è ancora nel tendone bianco dove gli esperti fanno i breifing, non si può vedere».I tre proseguono il cammino verso la chiesa del Giglio, dove sulla scalinata li attende il parroco don Lorenzo Pasquotti. La stessa chiesa nella notte del naufragio ha dato ricovero ai primi quattrocento disperati che hanno toccato terra, e questa sera, in un altro venerdì, spalanca di nuovo le porte per accogliere Gesù in croce. Don Lorenzo lo appoggia sull’altare accanto a ciò che vi ha lasciato dal giorno della tragedia: «Un salvagente, un telo delle scialuppe, una cima e un cesto di pane. Ciò che mi resta dal momento in cui i sopravvissuti, alle 4 di quel mattino, ringraziando il Signore e i gigliesi hanno iniziato a tornare nelle loro case».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: