Si apre un nuovo capitolo giudiziario e si fa nuova luce sulla passata gestione dell’emergenza rifiuti in Campania. Percolato, il liquido inquinante prodotto dalle discariche di rifiuti solidi urbani, è stato sversato per anni in mare, nel lungo tratto di costa da Caserta a Napoli. È quanto ha scoperto la Procura di Napoli, un’indagine sfociata ieri nell’operazione effettuata in varie zone d’Italia dai carabinieri del Noe (nucleo operativo ecologico) e dalla Guardia di finanza di Napoli e che ha condotto 14 persone in carcere con le accuse di associazione per delinquere, truffa e reati ambientali. Tra gli arrestati Marta Di Gennaro, ex vice di Guido Bertolaso alla Protezione civile, il prefetto Corrado Catenacci, ex commissario ai rifiuti in Campania, e Gianfranco Mascazzini, ex direttore generale del ministero dell’Ambiente e commissario in Abruzzo per la gestione di 40 milioni di euro finalizzati a interventi per far fronte al rischio idrogeologico. La nomina dell’ingegnere - di competenza ministeriale - era stata comunicata lunedì scorso dal presidente della Regione, Gianni Chiodi, nella presentazione dell’accordo di programma quadro tra il ministero dell’Ambiente e la Regione relativo al rischio idrogeologico. Ai tre è stato concesso il beneficio degli arresti domiciliari. Sono invece finiti in carcere, fra gli altri, Lionello Serva, ex subcommissario per i rifiuti della Regione Campania, Claudio Di Biasio, ex sub-commissario tecnico degli impianti del Commissariato, Generoso Schiavone, responsabile della gestione acque per i depuratori della Regione Campania, e Mario Lupacchini, dirigente del settore Ecologia della Regione. Complessivamente sono 38 le persone indagate, tutte legate alla gestione commissariale dell’emergenza rifiuti. Tra loro ci sono anche l’ ex presidente della Regione Antonio Bassolino, l’ex assessore regionale Luigi Nocera e l’ex capo della segreteria politica di Bassolino, Gianfranco Nappi.Secondo la Procura esisteva un accordo illecito tra pubblici funzionari e gestori di impianti di depurazione campani che ha consentito, negli anni dal 2006 al 2008, lo sversamento in mare del percolato non trattato, in violazione delle norme a tutela dell’ambiente, ma con grande risparmio per il Commissariato sui costi di smaltimento. L’indagine, durata fino al luglio 2010, è relativa a una vicenda iniziata nel 2006, e proseguita fino al dicembre 2009 dopo la risoluzione del contratto con la Associazione temporanea di impresa Impregilo-Fibe-Fisia. Uno dei filoni dell’inchiesta parte dall’impianto di Villaricca: il sito immortalato nelle foto shock diffuse da Giovanni Parascandola Ladonea, appuntato dei carabinieri particolarmente inviso a Marta Di Gennaro e Guido Bertolaso. Ladonea aveva fotografato la massa liquida del percolato che schizzava in aria: una sorta di immondo geyser. Da quelle immagini è nata l’indagine sullo smaltimento illegale del percolato, come ha precisato in conferenza stampa Giovanni Ravitti consulente della Procura per la precedente inchiesta “Rompiballe”, conclusa nel maggio 2008 e che aveva portato all’arresto di 25 indagati per traffico illecito di rifiuti. Per gli inquirenti erano tutti consapevoli di quanto accadeva. In particolare Marta Di Gennaro «non solo era informata sulla cattiva qualità del percolato ma anche delle conseguenze che avrebbe avuto sul funzionamento degli impianti di depurazione » ed ebbe un ruolo attivo nell’illecita gestione del suo smaltimento. La Di Gennaro sapeva che tutto ciò che usciva dagli impianti di trattamento rifiuti della regione «è munnezza, punto e basta». L’unica cosa importante era far sparire il percolato, e in fretta.