sabato 20 gennaio 2024
L’agguato a un 18enne è costato il ferimento a un'anziana: ora si teme una nuova faida tra i clan. Si ripetono anche gli assalti ai pronto soccorso. E la Digos ferma tre militanti di Casa Pound
Il blitz effettuato dalla Digos di Napoli nelle abitazioni dei militanti di Casa Pound

Il blitz effettuato dalla Digos di Napoli nelle abitazioni dei militanti di Casa Pound - ANSA

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Nelle strade di Napoli si continua a sparare: un copione che si ripete da decenni. Che si tratti del centro o delle periferie, gli agguati avvengono con una frequenza sempre più preoccupante. L’ultimo episodio è avvenuto mercoledì sera poco prima delle 19, tra i palazzi del centralissimo corso Arnaldo Lucci, a due passi dalla stazione Centrale, strada trafficata di giorno e di sera. È lì che sono stati sparati una ottantina di colpi contro Nicola Giuseppe Moffa, 18enne da poche settimane, e una passante di 68 anni, colpita a un gluteo: sarebbe potuta essere l’ennesima vittima innocente degli agguati che insanguinano la città e la sua provincia. Invece sia lei che Moffa, il vero obiettivo di chi ha sparato, sono rimasti solo feriti nella sparatoria. Probabilmente si trattava solo di un “avvertimento” diretto al giovane, pregiudicato ritenuto vicino ad ambienti criminali del centro di Napoli. Moffa è stato infatti colpito alle gambe nel raid compiuto da ben otto uomini armati. Il giovane è stato poi arrestato, perché secondo quanto emerso dalle indagini della Squadra Mobile e dalla Dda di Napoli sarebbe l'autore dell'agguato in cui lo scorso 11 dicembre rimasero feriti Ciro Vecchione, attore nella film "La paranza dei bambini", e la fidanzata.

Nel quartiere in cui è avvenuta l’ennesima sparatoria e nell’intera città, intanto, sale la paura dopo la raffica di colpi sparati in pieno centro, ben 80. Già nelle ore immediatamente successive alle indagini, condotte dalla squadra mobile di Napoli, sono stati arrestati alcuni uomini ritenuti gli autori dell’agguato di mercoledì sera. Nel corso di alcune perquisizioni disposte dagli inquirenti, sono state ritrovate delle armi nelle loro case. Chi ha sparato ha utilizzato, oltre a una pistola, anche un’arma da guerra: una delle tante che giacciono negli arsenali dei clan della camorra, pronte a essere usate. E ora in città si teme che possa scoppiare un’altra delle faide tra gruppi camorristici che insanguinano la città. Intanto, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha disposto l’altro giorno l’invio di altri 165 poliziotti e 68 carabinieri a Napoli. Una città alle prese con agguati come quello di mercoledì sera, liti tra giovani che sfociano in sparatorie ‒ come quelle che l’anno scorso hanno portato alla morte di Francesco Pio Maimone e Giovanbattista Cutolo ‒, rapine, “stese” di proiettili volte a intimidire i clan rivali tra le strade del centro e della periferia. Dal 10 gennaio sono stati inviati in città 223 uomini delle forze dell’ordine in più. Ed è probabile che siano inviati altri nel corso dell’anno, secondo un piano del governo ben spiegato in un dossier finito nelle scorse settimane sulla scrivania del prefetto di Napoli, Michele Di Bari.

Non c’è solo l’allarme per la sicurezza nei quartieri a rischio e per gli scontri armati tra i clan, alimentati anche dalla facile circolazione di troppe armi nel capoluogo partenopeo. Due giorni fa, la Digos ha eseguito perquisizioni nelle abitazioni di alcune persone e nella sede di CasaPound: tre militanti dell’organizzazione di estrema destra sono stati fermati per i reati di rapina e lesioni aggravate, porto di oggetti atti a offendere e ricettazione. I fatti si riferiscono ad un’aggressione avvenuta il 12 ottobre scorso, nel quartiere del Vomero, ai danni di un fotografo che indossava un giubbetto con simboli antifascisti. Tra gli oggetti sequestrati ai militanti, anche una cartucciera di un mitragliatore da guerra contenente 55 bossoli. È evidente come adesso si avverta forte la necessità di ingrossare gli organici di polizia e carabinieri, soprattutto nelle aree metropolitane. Tra gli obiettivi c’è anche presidiare i pronto soccorso, nei quali sempre più frequentemente medici e infermieri vengono aggrediti da familiari o persone vicine ai pazienti. Proprio ieri, il prefetto di Napoli ha annunciato nuovi presidi di polizia negli ospedali, già peraltro annunciati e disposti dal governo nelle settimane scorse in seguito a una serie di aggressioni avvenute nei pronto soccorso della città e della provincia. E proprio dalla provincia di Napoli arriva anche una storia diversa dalle solite che riempiono le cronache: alcuni genitori hanno spinto i propri figli minorenni a confessare una serie di rapine ai danni di coetanei avvenute nel Comune di Casoria, confinante col capoluogo. Li hanno accompagnati loro stessi alla caserma dei carabinieri, dove i tre non solo hanno confessato di essere gli autori delle rapine su cui i militari stavano indagando da tempo, ma hanno anche raccontato altri reati finora rimasti ignoti. È per questo che sia la procura per i minorenni che il tribunale di Napoli non li hanno spediti in carcere, bensì agli arresti domiciliari. Potranno andare a scuola e saranno riaffidati alle loro famiglie, che, scrive il gip del tribunale nell’ordinanza di custodia cautelare, «hanno rivelato la capacità di recuperare autorevolezza e guida educativa inducendo i ragazzi a costituirsi». Quanto basta per dare loro una seconda opportunità.

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