venerdì 13 settembre 2024
In tanti giovedì sera al corteo organizzato a Forcella per Afsar, Kazi e Bapari, tre giovani bengalesi vittime del crollo nel sottoscala in cui abitavano. L'arcivescovo Battaglia: perdonateci, fratell
Un momento della fiaccolata per i vicoli di Napoli, al centro l'arcivescovo Battaglia

Un momento della fiaccolata per i vicoli di Napoli, al centro l'arcivescovo Battaglia - Borzillo

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Afsar Afsar, 60 anni; Kazi Altaf, 43 anni; Bapari Babul, 48 anni: sono morti a seguito dell’esplosione e del crollo avvenuti, a Forcella, quartiere del centro storico napoletano, in un rovente pomeriggio del 31 agosto scorso. Afsar, Kazi e Bapari abitavano in un sottoscala che probabilmente stavano ristrutturando, ma le indagini della Procura lo chiariranno. Ieri sera, una fiaccolata li ha voluti ricordare perché esempio dello sfruttamento di tanti immigrati, costretti a pagare affitti enormi per vivere in abitazione precarie, prive di abitabilità e perché vittime dell’indifferenza di tanti.

Il quartiere, nei giorni successivi alla morte, ha affisso manifesto dove li ha definiti «vittime di segregazione»; l’arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia che ha partecipato alla fiaccolata per far sentire la sua vicinanza ad un quartiere martoriato, chiede solo «perdono» e sceglie di partecipare in silenzio. Nonostante la fitta pioggia, il corteo attraversa il dedalo di vicoli del quartiere, partendo da piazza Calenda, dal teatro Trianon dove è iniziato il simbolico riscatto di Forcella, ma che ha ancora tanta strada da fare.

È proprio nel vicolo della Pace – il luogo dove i tre immigrati sono morti – che suor Marisa Pitrella, direttore della Caritas diocesana, legge una preghiera per i fratelli immigrati. Don Mimmo Battaglia depone un mazzo di fiori con un biglietto “Perdonateci fratelli”. Sono le uniche parole che l’arcivescovo dirà durante la fiaccolata che si snoda fino alla chiesa di san Giorgio Maggiore dove è parroco padre Carmela Raco, che sceglie di tenere aperta la chiesa tutta la notte.

Tante istituzioni hanno voluto aderire: c’è il prefetto Michele Di Bari, ci sono i rappresentanti del Comune, tante associazioni di quartiere, c’è il papà di Annalisa Durante, giovane vittima innocente della criminalità in quello stesso quartiere, ci sono i sindacati Cgil, Cisl e Uil, c’è un rappresentante della comunità del Bangladesh Kabir Moral.

Savary Ravendra Jeganesan, consigliere comune aggiunto per gli stranieri, denuncia: «La morte del tre bengalesi non è stato un incidente ma è colpa della politica e del malaffare che rendono possibile vivere in case senza scurezza». C’è un altro cartello che sfila in processione “Tutti sapevamo”: lo porta una giovane donna di Forcella. Quella parte sana che ha scelto di esserci. Ma in molti hanno deciso di non farlo. Tra questi i commercianti che, ieri sera, non hanno voluto partecipare. «Abbiamo fatto sensibilizzazione su vico Pace da anni, era una tragedia annunciata», dice il presidente dell'associazione di commercianti “A Forcella”, Antonio Raio. Non perché non rispettino la memoria di chi non c'è più, «ma perché siamo stanchi» di quelle che chiamano «“farsa” ed ennesima “passerella”». Chiedono un vero cambiamento e che «Forcella non sia più una periferia urbana e più vicinanza da parte delle istituzioni». Forcella chiede vivibilità e dignità per tutti, senza differenze: nel cartello, che sfila sotto la pioggia con i colori dell’arcobaleno, portato da Pax Christi, la scritta: “Siamo tutti migranti”. Si può ripartire da qui.

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